Mancati depuratori, ora è inutile piangere

PALERMO – Continua l’opera di commissariamento, avviata ormai più di un anno fa, per la realizzazione degli impianti di depurazione nell’Isola. Nei giorni scorsi sono state pubblicate cinque gare per interventi relativi a sistemi fognari e impianti di depurazione finanziati dal Cipe nel 2012 per un importo di 245 milioni. Una storia vecchia che rischia comunque di costarci circa 185 milioni di euro all’anno in termini di sanzioni europee, così come stimato nel 2015 dal governo.
Roma ha agito tramite il commissario straordinario Vania Contrafatto, che è anche l’assessore al ramo, mentre a prendere la parola è stato Davide Faraone. Quest’ultimo, pur essendo sottosegretario all’Istruzione, è da sempre in prima linea quando si tratta di evidenziare i punti più critici della gestione Crocetta. “Le gare – ha spiegato Faraone – riguardano i primi interventi relativi ai comuni di Misterbianco, Palermo, Marsala e Carini”. La distribuzione dei 245 milioni premia il comune etneo (205 milioni), seguito dal collettore sud orientale del capoluogo isolano (33 milioni). Il resto per il comune del trapanese (5 milioni) e per quello del palermitano (2,5 milioni). “Per Marsala e Carini si tratta già dell’esecuzione delle opere – ha aggiunto Faraone –, per Palermo del servizio di verifica del progetto, mentre sul sistema di Misterbianco i bandi riguardano le indagini e la progettazione definitiva ed esecutiva secondo quanto previsto dal nuovo codice degli appalti”. Particolarmente rilevante l’intervento su Misterbianco che garantirà il trattamento di 11 comuni della provincia e permetterà di sanare l’infrazione comunitaria per “un bacino di 200.000 abitanti equivalenti”.
I primi allarmi sulla depurazione siciliana arrivarono ormai più di cinque anni fa. All’epoca soltanto un quarto della Sicilia scaricava regolarmente in mare – oggi siamo a poco più della metà – e il livello di allarme era già abbastanza alto. Per evitare disastrose ripercussioni ambientali, che poi si sono regolarmente verificate col coinvolgimento di parte delle acque costiere, nel 2012 il Cipe aveva stanziato 1,1 miliardi di euro complessivi. Una somma da spendere nel corso degli anni per avviare i progetti e mettere in regola gli scarichi delle città isolane, così da superare le procedure di infrazione Ue. Un fallimento su tutta linea, visto che le procedure sono addirittura cresciute: all’epoca della delibera Cipe erano soltanto in due (2004/2034 e 2009/2034), recentemente se ne è aggiunta un’altra (2014/2059).
Procedure che complessivamente coinvolgono oltre 200 agglomerati isolani e che si trovano a livelli differenti dell’iter comunitario che potrebbe poi condurre alle sanzioni economiche per mancato rispetto delle direttive. Le prime due, che sono abbastanza datate, hanno già ricevuto la sentenza della Corte di Giustizia Ue.
In ballo ci sono penali milionarie. La Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche di Palazzo Chigi ha stimato le potenziali sanzioni, calcolate nel marzo del 2015, a 476 milioni di euro per l’Italia. Di questa somma quasi il 40% (pari a 185 milioni di euro) sarebbe a carico della Sicilia a partire da quest’anno e fino al completamento delle opere. Chi pagherà? Nella scorsa legge di Stabilità il governo aveva stabilito di girare le sanzioni ai responsabili locali. Tuttavia potrebbe non essere così semplice, così come testimonia il percorso intrapreso nei confronti delle sanzioni per l’infrazione sulle discariche abusive.
 
Nell’aprile scorso molti comuni si videro recapitare le lettere del Mef con gli oneri relativi alla procedura di infrazione 2003_2007, ma a fine maggio il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta ha comunicato la decisione del governo di sospendere i termini per le sanzioni imposte dall’Ue ai Comuni italiani in seguito alle istanza di ricorso di questi ultimi presso i Tar.