Agricoltura industriale, i danni per la Sicilia

PALERMO – Tradizioni di millenni, tecniche di produzione sedimentate nella cultura e nel territorio della nostra isola, che potrebbero in breve svanire nel nulla e rimanere nel ricordo a causa dell’introduzione selvaggia dei sistemi industriali.
Un patrimonio, quello dell’agricoltura siciliana, che va invece salvaguardato e difeso, perché diventi base per uno sviluppo sostenibile e rispettoso delle nostre radici. “Il modello di agricoltura industriale ha danneggiato un patrimonio e un’identità che la Sicilia sta tentando di recuperare con produzioni di eccellenza come la pesca di Leonforte e la rivalutazione di antiche coltivazioni come i grani antichi di Sicilia, peraltro apprezzate anche da un punto di vista gastronomico”. Lo ha detto Rosa Giovanna Castagna presidente regionale della Cia Sicilia, nel corso del suo intervento, al convegno “Un nuovo strumento per la salvaguardia della biodiversività e degli habitat siciliani” a Palazzo dei Normanni. Un incontro per rimarcare la necessità, sia a livello istituzionale che da parte dei privati di percorrere la strada della valorizzazione dei prodotti tipici, eredità e patrimonio da conservare ed accrescere.
“E la Sicilia – ha evidenziato Castagna – non può che sostenere un progetto che miri alla tutela del proprio territorio: è infatti la regione con la più alta percentuale di produzioni biologiche e ben 247 siti della direttiva Habitat di Natura 2000 che mira a garantire il mantenimento a lungo termine degli habitat naturali e delle specie di flora e fauna minacciati o rari a livello comunitario”.
Anche la comunità europea abbraccia e sottoscrive l’intenzione di salvaguardare le tradizioni dei singoli Paesi, e per la Sicilia ha previsto diverse misure che la supportino. “I fondi comunitari per le politiche agricole – ha continuato Castagna – danno segnali di attenzione importanti: il nostro Psr ha una misura, la 4.4.b, dedicata alla preservazione della biodiversità e sono molti gli agricoltori custodi che svolgono un lavoro appassionato e fondamentale per il futuro della nostra agricoltura”.
Fondamentale, quindi, proteggere non solo le tecniche di coltivazione, ma le stesse tipologie di coltivazioni, che possono soffrire per l’introduzione di nuove piante e coltivazioni.
“Le vicende legate al Punteruolo rosso ci hanno costretti a vedere praticamente annullato il nostro consistente patrimonio palmicolo; la Tristeza o ciò che sta accadendo in Puglia con la Xylella o ancora i rischi gravissimi per il patrimonio apistico derivanti da dall’Aethina Tumida. Tutto questo – ha aggiunto la Castagna – ci impegna a tenere altissima l’attenzione sui rischi di importazione di fattori di danneggiamento del nostro patrimonio silvo-faunistico”.
L’analisi svolta non può che portare all’individuazione di ciò che è prioritario per l’agricoltura siciliana e tutto ciò è possibile attraverso la collaborazione di esperti di diverse discipline che possono costruire un quadro più ampio e variegato all’interno del quale poter lavorare in termini di efficienza e risultato che sia economico e culturalmente accettabile.
 

 
Ora si pensa ad un osservatorio multidisciplinare
 
Proprio nell’ottica di preservare la tradizione della produzione agricola, e considerati i diversi fattori esterni che possono colpire questo sistema, la Cia sta pensando con gli addetti ai lavori di mettere in piedi un Osservatorio mutidisciplinare. “In questo contesto, un Osservatorio multidisciplinare è indubbiamente fondamentale ed il principio di precauzione è certamente uno strumento utile che, se applicato con tempestività, può prevenire enormi danni alle nostre colture, fermo restando – ha ancora evidenziato la presidente siciliana della Cia – che qualsiasi azione che punti al rispetto dell’ambiente ed alla tutela del nostro patrimonio e che coinvolga quindi attivamente gli agricoltori non può prescindere dal principio di dignità reddituale per gli stessi”. Da considerare che oltretutto la Sicilia è sempre più regina proprio della produzione del biologico in Italia, una vera garanzia per il consumatore. Non solo. Questo modello di produzione è senza dubbio una risposta alle tre crisi odierne: ecologica, economica e alimentare. A parlare le circa 8 mila aziende che sono certificate e fanno produzione biologica: anche questo un aspetto da tutelare e salvaguardare.