Il secondo vulnus riguarda le spese di gestione delle Camere che ammontano a 986,6 milioni di euro per la Camera e a 540,5 milioni di euro per il Senato come risulta dai bilanci consuntivi 2015 pubblicati sul sito delle stesse.
Ed è proprio lì che si dovrebbe tagliare, cioè adeguare stipendi e indennità di burocrati e dipendenti, spese di gestione, di parrucchieri, di cuochi e camerieri ed altre che sono supervalutate e non più compatibili con una economia che non vuole ripartire e con la necessità di una equità generale fino ad oggi poco diffusa.
Non è possibile che un assistente parlamentare, che in altre amministrazione si chiama usciere, possa percepire con una anzianità elevata anche 150mila euro l’anno. O che dirigenti non si attengano al tetto dei 240mila euro l’anno senza alcuno sforamento dell’importo per altre voci, che surrettiziamente vengono inserite nei loro cedolini.
L’azione meritoria di riduzione della spesa di Camera e Senato non è di per sé di grande aiuto al taglio della spesa pubblica, però sarebbe un esempio per tutti i cittadini, in modo da dimostrare la sensibilità verso chi sta male, i poveri e tanta altra gente che non sopporta più i trattamenti dei privilegiati.
Vi è un’ultima questione da analizzare al riguardo e concerne il sistema pensionistico dei parlamentari che non è stato riformato dalla Legge Fornero. Anche in questo caso occorrerebbe che i contributi versati nel periodo non producano autonomamente un assegno pensionistico, piu comunemente chiamato vitalizio, bensì si ricongiungano ad altri spezzoni di contributi versati, relativamente ad altre attività, in modo da generare un’unica pensione. Mentre oggi si assiste alla macroscopica distorsione per cui vi sono cittadini italiani che percepiscono contemporaneamente due, tre, quattro, cinque pensioni.
Per esempio, un professore universitario o un professionista o un magistrato o un imprenditore che è stato deputato regionale, parlamentare nazionale o eurodeputato, accumula quattro pensioni: e questo non è più accettabile perché i privilegi devono essere tagliati col machete.
La questione è sempre la stessa: togliere a chi percepisce risorse pubbliche indebitamente, anche se lecitamente, e redistribuirle, in modo da spingere investimenti pubblici e privati, opere pubbliche, ristrutturazioni antisismiche e riparazioni idrogeologiche.