Referendum, battaglia aperta anche in Sicilia

PALERMO – Oggi ricomincia, se così si può dire, la settimana parlamentare a Palazzo dei Normanni, con un ordine del giorno lungo 4 pagine e che non si riesce a smaltire. Ad un anno dalle prossime elezioni  il Parlamento siciliano non riesce a lavorare, per assenteismo cronico e per le pochissime riunioni a Sala D’Ercole. La desolazione dei banchi vuoti fa comprendere al cittadino che i politici sono impegnati in altre faccende.
 
E in effetti a pensarci bene i deputati regionali stanno cercando di organizzarsi in vista proprio delle elezioni e, a qualsiasi partito essi appartengano, sanno che se si vogliono ricandidare, dovranno fare i conti con la diminuzione del numero dei parlamentari eleggibili. A partire dalla prossima legislatura, infatti, grazie ad una legge approvata quando ancora era presidente della Regione Raffaele Lombardo (2011) e ratificata dal Parlamento nazionale nel 2013, ci saranno a disposizione solo 70 poltrone e non più 90. In più si sta registrando una implosione dei maggiori partiti, con defezioni e  ricongiungimenti, e facendo diventare il “cambio di casacca” una consuetudine più che una eccezione. L’Udc si è spaccato, il Nuovo Centrodestra perde pezzi eccellenti, il Partito democratico da tempo è frazionato al suo interno; ne approfitta l’opposizione che, con movimenti nuovi e partiti storici si rimette insieme conscia del potere che potrebbe conquistare.
 
Restano per così dire in un “angolo” i Cinquestelle, consapevoli del consenso raccolto tra gli elettori al punto di farli apparire il partito favorito alle prossimi consultazioni. A distrarre gli animi ancor di più c’è il referendum costituzionale sulle modifiche in primis delle funzioni del Senato, referendum per il quale tutti i big della politica hanno organizzato tour in tutta Italia, chiedendo di votare per il sì o per il no. Ieri è stata la volta di Pierluigi Bersani, che sostiene il no, contrariamente al Pd di Renzi che sostiene il sì. Sulla questione è intervenuto il deputato regionale del Pd, Pippo Digiacomo, presidente della commissione Sanità all’Ars. “Faccio campagna referendaria per il sì con due, tre impegni a settimana, ma non mi son piaciuti gli slogan scissionisti ‘buttafuori’ della Leopolda. Anzi, francamente, ritengo che proprio queste cose non aiutino la vittoria”. “In questi cori ‘fuori, fuori’ – aggiunge – c’è pure un che di rabbia da sconfitta che mi preoccupa.
 
Pertanto, oggi, (ieri per chi legge) vado a stringere la mano a Bersani a Ragusa per dirgli che lui perora una causa sbagliata, contro la quale sto lavorando, ma che lo stimo e non riesco a immaginare un Pd senza di lui, cioè senza quello che rappresenta”. Non è meno difficile la situazione all’interno dell’Udc siciliano dopo lo strappo di Gianpiero D’Alia che ha lasciato il partito, al punto che il gruppo all’Ars sente il bisogno di un confronto: “Alla luce dei recenti avvenimenti interni al partito e sentiti i colleghi – ha detto Il capogruppo dell’Udc all’Ars Mimmo Turano – mi sembra doveroso convocare una riunione del gruppo parlamentare”.