Successivamente vi è stata la sfiducia a Letta e l’elezione a primo ministro di Matteo Renzi (febbraio 2014). Da quel momento il giovane sindaco, trasferitosi a Palazzo Chigi, ha dovuto cambiare la sua condotta per passare dai propositi all’azione. Ha formato una squadra di 12 ministri con portafoglio, più o meno bravi, ma certamente inesperti, ed ha cominciato l’impervio percorso delle riforme strutturali, la prima delle quali ha riguardato la Costituzione.
Quelli che continuano a ripetere che la nostra è la Costituzione più bella che vi sia, ignorano totalmente che essa è stata modificata numerose volte: citiamo quella effettuata dal Centrosinistra nel 2001, con l’improvvida miscela di competenze tra Regioni e Stato, una delle cause del successivo immobilismo economico; e poi l’introduzione del comma 4 dell’articolo 81 della Costituzione sul pareggio di bilancio, approvato a tempo di record dalla maggioranza che sosteneva il governo Monti.
Questa riforma costituzionale ha fatto sei passaggi nelle due Camere, è stata approvata nei primi di essi anche dal Centrodestra. Poi il clima si è guastato ed è andata avanti solo con i voti del Centrosinistra.
I sondaggi sono fondati su circa i due terzi dell’elettorato perché non riescono a capire cosa ne pensa l’altro terzo, che tace o è indeciso. Quel terzo che poi sarà determinante per far pendere il piatto della bilancia verso il Sì o verso il No. Ormai mancano 27 giorni al fatidico 4 dicembre, un tempo nel quale purtroppo, le parti politiche non si occuperanno degli italiani, spinti a vincere questa determinante partita.
Cosicché l’economia continuerà a degradare, lo spread ad aumentare (sfiora già 170 punti di differenza con i Bund tedeschi), tutti i provvedimenti di spinta all’economia rimangono fermi, la stessa Legge di Stabilità subirà un ritardo in attesa dell’esito del referendum.
Ma torniamo alla Leopolda. Non si avvertiva più la voglia di rottamare che c’era nelle precedenti edizioni. Girando per i tavoli e ascoltando i vari ministri abbiamo sentito argomenti di routine e non espressione di forte rinnovamento, come ha bisogno il Paese.
Padoan, Boschi, Poletti, Calenda, Pinotti ed altri mi sono sembrati imbalsamati. Invece bisognerebbe usare la spada per tagliare i privilegi e diffondere equità.