Cosicché lo stagno della becera conservazione, nella quale prolifica bene la corruzione con il mantenimento dei privilegi di questa o di quella parte, rimane fermo e insensibile al vento dell’innovazione, del riformismo e quindi attende il futuro in queste condizioni non competitive.
Ma così l’Italia non può progredire, non può diventare competitiva, può solo galleggiare vivendo giorno per giorno, senza affrontare le grandi questioni strutturali fra le quali evidenziamo: l’arretratezza del Sud, conseguente anche alla scarsa dotazione infrastrutturale; la fragilità idrogeologica del territorio, la scarsa capacità di attrarre investitori esteri per lo scadente funzionamento della giustizia e per la disfunzione generalizzata della Pubblica amministrazione.
Come si vede l’Italia è semi-asfissiata perché strutturalmente non funziona. E non funziona perché tutto il settore pubblico è inchiodato dalla immeritocrazia e perché nella società mancano quei valori fondamentali dell’equità e della giustizia, senza dei quali hanno buon gioco i prepotenti e le lobbies.
Nella prossima estate, secondo molti economisti, l’inflazione avrà ripreso vigore, ritornando a quel dato fisiologico che è il 2 per cento. Ma con essa anche il costo dell’enorme debito pubblico, ammontante a 2.212,6 miliardi (Istat, settembre 2016), aumenterà di almeno 2 punti, facendo lievitare la cifra annuale degli interessi di almeno 10 miliardi.
A questo risultato contribuirà l’aumentato prezzo del petrolio – che ancora costituisce la materia prima energetica principale dello sviluppo – ora che il cartello dell’Opec ha cominciato a tagliare 1,2 milioni di baliri al giorno, imitato da quei Paesi che non ne fanno parte, fra cui Russia e Cina.
Gli Stati Uniti hanno raggiunto la totale autonomia energetica e anzi si accingono a esportare petrolio in quanto aumentano le fonti rinnovabili interne. In un mondo che si sviluppa velocemente (la Cina ha un incremento di Pil 2016 vicino al 7%, gli Usa vicino al 3%), chi resta indietro è perduto.
Ma l’Italia non si deve perdere, per cui bisogna far capire al popolo l’urgenza delle profonde riforme che taglino le unghie ai privilegiati.