Imprenditori stranieri in Sicilia costretti a dover “fare da soli”

PALERMO – Almeno c’erano gli extracomunitari. Non è il remake del titolo di un vecchio film cult ma semplicemente la contestazione che in Sicilia, in questo periodo buio di crisi, rischiano molto anche le imprese individuali e per di più quelle guidate dagli extracomunitari. Oramai è da qualche anno che le statistiche delle più grandi organizzazioni di categoria mettono in risalto il fatto che in Sicilia crescono molto imprese al cui timone c’è uno straniero. Adesso però emerge che le imprese gestite da immigrati sono costrette a fare da sé.
Oltre un quarto di queste aziende in Sicilia infatti non ha mai avuto relazioni con le banche, nemmeno attraverso l’apertura di un conto corrente; da un’indagine di Unioncamere emerge che meno di un quinto richiede prestiti al sistema creditizio, preferendo l’autofinanziamento o il sostegno di amici e parenti; cinesi ed africane le comunità che meno si rivolgono agli istituti di credito. Le cose, nei primi sei mesi dell’anno, si sono fatte più difficili, perché fattori congiunturali e strutturali hanno reso le imprese con titolare straniero ancora più “rischiose”.
Il risultato è che il 25 per cento delle imprese che hanno rapporti con le banche non riesce ad ottenere prestiti. Tuttavia, gli imprenditori immigrati molto difficilmente demordono dai loro propositi di miglioramento dell’azienda: infatti, tra coloro che si vedono rifiutare il finanziamento bancario, l’indagine diretta rivela che quasi l’80 per cento fa ricorso poi a risorse proprie per sostenere l’investimento progettato. Un dato non da poco se si considera che una fetta sostanziosa dell’economia siciliana risulta essere sorretta a livello imprenditoriale proprio dalle imprese con titolare un extracomunitario.
 
Oltretutto l’ultima rilevazione di Movimprese, fatta tra aprile e giugno di quest’anno, dice che proprio nell’Isola le imprese condotte da immigrati sono aumentate dello 0,19 per cento rispetto al trimestre precedente. Una boccata d’ossigeno anche per l’economia locale, di cui nessuno sembra accorgersi. Il trend positivo di quest’anno è ricalcato anche dai dati del primo trimestre che rivelano come le aziende con alla guida uno straniero sono salite dell’1,3 per cento con 130 nuove aperture in più.
Lo riferisce sempre Movimprese che sottolinea come le imprese con titolari provenienti da paesi extra Ue rappresentano quasi il 5 per cento del Pil e quantificabile in 3 mila 573,5 milioni di euro. Nell’ultima rilevazione trimestrale le imprese individuali con titolare non Ue erano 13 mila e 34 e segnavano un incremento, anche allora in controtendenza, pari al 4,1 per cento sul totale. Segno positivo in tutte le province, tranne ad Enna che mantiene invariato il numero di imprese individuali non Ue.
L’incremento più significativo a Catania, con 42 nuove attività, seguita da Palermo (24) e poi Agrigento (21). Nell’esaminare i dati per settore di produzione in Sicilia, il tasso più alto percentuale si registra in agricoltura, 13,6 per cento (un totale di 951 imprese non Ue), mentre nella pesca è al secondo posto dopo il Veneto, con il 17,2 per cento. Nel commercio si piazza nella media tra le regioni italiane con un 9,5 per cento.
 


L’approfondimento. Quando lo straniero è una risorsa
 
In una prospettiva di lungo periodo non dovrebbe far comodo ad alcun governo parificare l’immigrazione alla clandestinità, ma in Italia quando si parla di immigrati in Sicilia lo si tende a fare solo in relazione agli sbarchi di clandestini e ai respingimenti al largo del canale di Sicilia. Ad essere meno superficiali, si scopre anche una realtà produttiva composta da oltre 13 mila e 400 i piccoli imprenditori non Ue titolari di aziende individuali che al 30 giugno scorso risultavano iscritti ai registri delle Camere di commercio dell’Isola, pari al 4,29 per cento del totale delle imprese di questo tipo (312 mila 895). Quasi il 70 per cento degli imprenditori stranieri ha tra i 30 e i 49 anni, il 14 per cento meno di 30 anni e il 16 per cento ha più di 50 anni. Commercio (43,4 per cento), costruzioni (27,4 per cento) e attività manifatturiere (11,9 per cento) sono i settori a maggior presenza di imprenditori stranieri. Le prime 10 aree di provenienza al primo semestre 2009 erano nell’ordine Marocco, Cina, Albania, Senegal, Tunisia, Egitto, Bangladesh, Serbia, Nigeria e Pakistan; a questi bisogna aggiungere, fra i paesi di recente entrata nell’area comunitaria, anche la Romania, che presenta un elevato tasso di imprenditorialità.