PALERMO – I dati allarmanti continuano a giungere puntuali, ma le industrie pesanti restano sempre dove sono state.L’ultimo aggiornamento in ordine di tempo arriva dall’annuario ambientale dell’Istat che ha certificato come la percentuale sul rischio di incidente rilevante sia andata crescendo dal 2004 al 31 ottobre 2008. A fronte di questa situazione, a dieci anni di distanza dall’introduzione delle leggi per la bonifica dei Siti di Importanza Nazionale, ancora poco o nulla è stato fatto. Intanto, mentre la Regione sembra voler puntare sulla piccola e media impresa , la Prestigiacomo incalza ancora sul rigassificatore di Priolo e chiede che le bonifiche vengano eseguite così che la grande industria non vada ad inquinare realtà ancora pulite.
Non si sono ancora placate le polemiche a proposito del parere negativo della Regione sulla concessione dell’autorizzazione della costruzione del rigassificatore di Priolo-Melilli, che altre ombre si addensano sulle aree industriali a rischio dell’isola. L’ultimo annuario “Statistiche Ambientali” pubblicato di recente dall’Istat sembra sollevare ulteriori dubbi a partire dalla crescita percentuale degli incidenti a rischio rilevante che coinvolgono le aree industriali in Sicilia, le quali possono tristemente vantare anche i siti di Priolo Gargallo, di Milazzo, di Gela e di Biancavilla, inseriti nell’elenco dei Siti di Importanza Nazionale (SIN).
Dati allarmanti arrivano anche da una recente audizione di Aldo Fumagalli, Confindustria, alla commissione ecomafia e dall’ultimo dei Rapporti dell’Arpa sullo stato delle bonifiche dei siti regionali e dei Sin nell’Isola. Inoltre, dati allarmanti si verificano anche sulle certificazioni ambientali come l’Emas, che fissa i principi validi per una corretta gestione ambientale dei processi aziendali ed inoltre stabilisce che tutti risultati ottenuti in campo ambientale debbano essere resi pubblici per mezzo di una dichiarazione ufficiale.
Uno degli elementi più caldi, più volte citato dagli oppositori al rigassificatore di Priolo nelle scorse settimane riguarda il concetto di pericolosità dei processi produttivi. La normativa più recente, a tal proposito, è disciplinata dal D.lgs 334/1999 modificato dal successivo D.lgs 238/2005, in attuazione della Direttiva 96/82/Ce, e successivi sviluppi. Proprio il raffronto percentuale dal 2004 all’ottobre 2008, effettuato dall’Istituto centrale di statistica descrive un trend in crescita come composizione percentuale degli stabilimenti industriali a rischio di incidente rilevante per regione.
L’Isola è infatti passata dal 6,4% del 31 ottobre 2004 al 7,2% del 31 ottobre 2008, registrando di fatto il quarto peggior risultato d’Italia, superata soltanto dalla Lombardia, dal Piemonte e dall’Emilia-Romagna. Un risultato inquietante soprattutto se rapportato ai 16 comuni inseriti nella fascia di alta pericolosità e i 31 stabilimenti interessati al rischio.
Il ministero dell’Ambiente ha predisposto da anni uno specifico “Inventario Nazionale degli stabilimenti suscettibili di causare incidenti rilevanti”. Ovviamente tra i siti più a rischio rientrano quelli della Sicilia sud-orientale, in quanto proprio “il polo industriale realizzato nel breve tratto di costa che va da Siracusa ad Augusta – si legge in una nota del Dipartimento regionale della Protezione civile sul rischio industriale – possiede una delle più elevate concentrazioni di impianti chimici e raffinazione esistenti in tutta Europa”. Ripartire prescindendo dalla grande industria che tanti danni ambientali e umani ha creato nei decenni scorsi nell’Isola sembra adesso rientrare nei piani di uno sviluppo sostenibile che dovrebbe puntare a progetti di lungo periodo. Un programma di largo respiro che sappia rimettere in moto l’economia potrebbe anche ovviare ai rischi occupazionali che deriverebbero dalla dismissione inquinanti che continuano a speculare sulla pelle dei siciliani, come testimoniano anche gli ultimi dati dell’Oms sulle patologie cancerose nel Triangolo della morte.
Lo stesso Raffaele Lombardo, durante la seduta all’Ars dello scorso 2 dicembre, sembra guardare avanti puntando sull’energia verde e la piccola e media impresa. “Per la grande industria – ha spiegato il governatore – è stato fatto tutto quello che si poteva fare”. Anche la grande industria ha fatto tutto quello che poteva fare sul suolo isolano. “L’implementazione della legislazione – ha spiegato Enzo Parisi, Legambiente Sicilia – ha avviato una tendenza alla diminuzione dell’inquinamento attraverso un diverso utilizzo del combustibile. Tuttavia se alcuni dati sembrano migliorare è anche vero che ci sono delle zone gravemente contaminate e forse irrimediabilmente compromesse come le falde acquifere della zona di Priolo”.
Anche i programmi di bonifica che proprio sui tre principali siti avrebbero dovuto intervenire con maggiore urgenza sembrano latitare. “Per i programmi di bonifica dei Sin – ha spiegato Aldo Fumagalli – quasi nulla è stato fatto.