È capitato che il presidente fosse di un colore politico, per esempio Jacques Chirac, e il Primo ministro fosse di diverso colore politico, in quel caso Lionel Jospin. Tuttavia il meccanismo anche in tale occasione ha consentito il progresso di quel Paese.
Il presidente viene eletto, come si scriveva, nel ballottaggio del secondo turno. Un meccanismo identico a quello della riforma elettorale italiana bocciata, senza essere stata capita, dal 60% degli italiani votanti. I fautori del No sostenevano che si potessero vincere le elezioni anche con il 30% dei voti, mistificando la verità, perché comunque il ballottaggio, come accade per i sindaci, prevede che venga eletto chi ottiene la metà più uno dei voti.
In Francia, molto probabilmente, vincerà Macron, il quale lo ripetiamo, ha preso solo il 23,9% dei voti. Non abbiamo sentito nessun sinistrorso o destrorso scagliarsi contro questo fatto, inequivocabile, che un candidato possa passare al secondo turno con meno di un quarto dei consensi.
Non siamo giuristi ma non comprendiamo come la Corte costituzionale abbia potuto bocciare il ballottaggio previsto dalla riforma che è l’espressione della più alta democrazia. Ma siamo noi che non capiamo niente, non i giudici costituzionali.
Bisognerebbe che gli italiani usassero la testa e non la pancia, e non si facessero infinocchiare da destrorsi e sinistrorsi, i quali stravolgono la verità perché vogliono che il sistema politico italiano sia sempre molto frazionato in modo che anche le pulci abbiano la tosse. È questa la causa della lentezza del processo di crescita e della disoccupazione che ritarda a diminuire. Ciò che è stato vietato in Italia, esiste in Francia da oltre cinquantacinque anni, ma in quel caso ci fu De Gaulle, nel nostro caso abbiamo una serie di gnomi senza carisma e incapaci di far pensare le persone in modo adeguato.
Domenica prossima sapremo quanti italiani andranno ai gazebo del Partito democratico a votare: una parvenza di democrazia diretta che, tuttavia, ha il pregio di dare un’indicazione precisa. Ma bisognerà vedere quale sarà il dato dell’affluenza (nel 2007 3,5 milioni di voti, vincitore Veltroni; nel 2009 3,1 milioni di voti, vincitore Bersani; nel 2013 2,8 milioni di voti, vincitore Renzi).
In Francia vincerà l’Europa. Auguriamoci che vinca in Germania. Chissà se vincerà in Italia. Europa sì, ma non quella tecnocratica