Corruzione a Trapani, in manette il parlamentare Girolamo Fazio

PALERMO – L’Assemblea regionale siciliana viene investita un’altra volta da vicende giudiziarie, dopo l’inchiesta sulle spese pazze dei gruppi parlamentari, durata più di due anni e che ha portato alle sentenze di risarcimento per molti deputati ed ex deputati.
Questa volta l’accusa è di corruzione e sarà come sempre la magistratura a chiarire i fatti. I carabinieri di Trapani e Palermo hanno arrestato per corruzione il deputato regionale Girolamo Fazio, ex sindaco di Trapani, il funzionario della Regione siciliana Giuseppe Montalto e l’armatore Ettore Morace, figlio del patron del Trapani calcio Vittorio, entrambi proprietari della compagnia di traghetti Liberty lines. Avvisi di garanzia anche per il governatore Rosario Crocetta e per la sottosegretaria alle Infrastrutture Simona Vicari che ieri si è dimessa.
Fazio, iscritto al Gruppo Misto, è alla sua prima legislatura: è stato eletto nel 2012 nella lista dell’allora Pdl nel collegio di Trapani. è stato componente della commissione Ambiente e territorio e vice presidente della commissione di inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia in Sicilia, oltre che componente della commissione Statuto e di quella che si occupa di cultura, formazione e lavoro. Fazio è stato anche sindaco di Trapani.

L’inchiesta ruoterebbe attorno a tangenti su fondi per il trasporto marittimo.
La moglie del patron della compagnia, Vittorio Morace, padre dell’arrestato sarebbe stata nella lista degli assessori designati da Fazio, che si era ricandidato alle amministrative. Un altro candidato, il senatore di Fi Antonio D’Alì, processato per concorso in associazione mafiosa, ha annunciato la sospensione della campagna dopo aver saputo che la Dda aveva chiesto per lui il soggiorno obbligato. L’inchiesta sta coinvolgendo anche altri personaggi, a livello regionale e nazionale, indagati nella vicenda e che dovranno chiarire la propria posizione ai magistrati. La vicenda in queste righe non interessa  tanto sotto il profilo giudiziario, perché sarà la magistratura ad accertare chi ha commesso, e se lo ha commesso il misfatto, ma solleva ancora una volta la necessità di approvare il “Codice etico” per coloro che – politici e funzionari pubblici – devono amministrare la res publica. Un disegno di legge che è stato presentato nel lontano 30 ottobre del 2014, due anni e mezzo fa, che si trascina tra le stanze delle commissioni parlamentari e dell’Aula di Palazzo dei Normanni senza riuscire a vedere la luce. Il procuratore aggiunto di Palermo, Dino Petralia, commentando l’inchiesta che ha portato agli arresti ha detto: “Abbiamo scoperto un connubio sistemico finalizzato alla corruzione tra imprenditoria e politica”. “L’inchiesta – ha sottolineato – parte da un atto coraggioso di un funzionario regionale, subentrato a quello che aveva curato l’emissione dei bandi che avevano favorito Morace, che si è aperto a una totale collaborazione con gli inquirenti”. Alcuni tronconi saranno inviati ad altre Procure.
L’inchiesta riguarda i territori di Palermo, Trapani, Napoli, Livorno e Messina. Questo allargarsi a macchia d’olio sull’Italia è preoccupante perché, se le accuse venissero confermate, ciò significa quello che l’opinione pubblica dice a gran voce nelle strade e cioè che la pubblica amministrazione è corrotta e corruttibile, che ci vogliono maggiori e più serrati controlli. Secondo una ricerca svolta dal centro studi Pio La Torre e resi pubblici, in due anni (2014/2016) i procedimenti iscritti per reati contro la pubblica amministrazione in Sicilia sono quasi raddoppiati, da 100 a quasi 200.
 
Secondo la ricerca, i Comuni siciliani sciolti per infiltrazioni mafiose dal 1991 al 2016 sono stati in totale 55. Molte le denunce relative ai delitti di peculato, malversazione, corruzione e concussione 1420 casi nel 2013 e 1346 nel 2014. Anche la Corte dei Conti aveva più volte sottolineato la scarsa incisività dei controlli: insufficiente l’azione di contrasto degli illeciti, irrilevanti le segnalazioni, partecipate opache, rotazione dei dirigenti nelle aree a rischio è ferma al 13,6%, quella dei dipendenti al 4,8%.