Carburante da scarti agricoli e ittici nel futuro del trasporto marittimo

PALERMO – Piani ambiziosi dal governo nazionale che vorrebbe far diventare la Sicilia un hub energetico per avviare una grande rivoluzione sostenibile nel settore del trasporto marittimo. Per l’Isola c’è la grande occasione di stimolare la ricerca e lo sfruttamento di un tesoro inespresso e abbandonato che si nasconde nei rifiuti urbani, negli scarti dell’agricoltura e delle foreste, ma anche in altri settori come la pesca. Un vero e proprio patrimonio energetico che potrebbe stimolare interventi in tutti gli ambiti, anche nel settore del trasporto. 
Le prospettive ci sono e le potenzialità pure, ma la storia d’amore tra la Sicilia e il biogas è ancora tutta di dimostrare. Se ne è parlato nei giorni scorsi a Catania in occasione della presentazione delle linee guida del Piano strategico nazionale per la diffusione del Gas naturale liquefatto (gnl) alla presenza di Giuseppe Castiglione, sottosegretario alle Politiche agricole, alimentari e forestali, che ha anche annunciato un nuovo decreto sul biometano – un biocarburante che si ottiene con un processo di ‘upgrading’ del biogas, ottenuto a sua volta dalla digestione anaerobica di biomasse agro-industriali – per agevolare l’utilizzo degli scarti di lavorazione in agricoltura e pesca nella produzione di combustibile pulito. Per l’occasione si è anche parlato delle prospettive di sviluppo per l’economia del mare nell’area euromediterranea.
Il futuro è scritto negli ecocarburanti. L’utilizzo del gas permetterà l’azzeramento delle emissioni di particolato e l’abbassamento di quelle di CO2, ma l’obiettivo è molto più ambizioso perché individua nella Sicilia il luogo ideale per la creazione di poli di stoccaggio per la produzione di gas naturale liquefatto, così da fornire ecocarburanti a tutte le imbarcazioni che gravitano nei mari dell’Isola e che saranno progressivamente riconvertite grazie all’introduzione graduale dei motori a Gnl. Il trasporto marittimo, insomma, è il prossimo target da raggiungere a circa 8 anni dai vincoli dell’Ue del 2025, considerando che l’Italia ha già raggiunto quelli del 2020 relativi alla porzione di rinnovabili sui consumi complessivi di energia.
L’evento ha ospitato anche Biagio Pecorino, ordinario di Economia ed estimo rurale all’Università di Catania, e Matteo Ignaccolo, ordinario di Economia dei trasporti al dipartimento di Ingegneria, che hanno fatto riferimento alla possibilità di produrre biogas grazie agli scarti dell’agricoltura e della pesca.
Non è il futuro, è il presente. In Italia se ne producono circa 2,4 miliardi di metri cubi all’anno, ma la Sicilia potrebbe decollare. Proprio Pecorino aveva realizzato, lo scorso anno, uno studio sulle potenzialità della filiera del biogas in Sicilia (l’Isola ospita lo 0,3% degli impianti del totale nazionale, dati Gse) a fronte di un tesoro di sottoprodotti e scarti agricoli completamente inutilizzati.
Lo studio “Biomethane done right An advanced biofuel”, condotto dal docente catanese, prevede l’utilizzo di colture di integrazione, che sono le cosiddette colture intercalari a scopo energetico da utilizzare in aggiunta, prima o dopo, a quelle previste nelle rotazioni normalmente praticate nei diversi comprensori agricoli, e biomasse di scarto. Si tratterebbe di utilizzare circa 28mila ettari precedentemente impegnati per l’alimentazione umana e produzione di mangimi, pari a circa il 2% della superficie agricola utilizzata. Un sistema del genere permetterebbe all’Isola di raggiungere i 500 milioni di metri cubi all’anno di produzione e consentire al contempo un’occupazione di 3/3.500 unità.