In 10 anni la formazione professionale in Sicilia si è trasformata in un vero e proprio business. Non si può che definire in questo modo il settore, se si prende in considerazione la sua “crescita”, che non ha eguali nell’Isola. Il termine di paragone è quello tra l’anno 2000 e l’attuale. Partiamo dagli enti accreditati, cioè quelli riconosciuti dalla Regione Siciliana come strutture in grado di potere assolvere il compito di creare dei percorsi formativi di qualità: si è passati dai 40 di dieci anni fa agli attuali 254, il tutto senza contare i 173 enti che sono già stati inseriti nell’elenco del decreto provvisorio dell’Assessorato alla Formazione professionale per il definitivo accredito.
Un dato che da solo basta per far nascere spontanea, anche sul più sprovveduto, una domanda: perché questo incredibile boom? Perché questa corsa all’accredito? Perché in così poco tempo il settore ha visto crescere di oltre sei volte il numero delle realtà formative? Appare evidente che sotto c’è un interesse molto forte, ovviamente di tipo economico.
La conferma arriva da altri numeri mastodontici: si è passati dai 5 mila dipendenti assunti nei vari enti di formazione nel 2000 agli attuali 9 mila e 200, così come è stato appurato dal Dipartimento della Formazione professionale e anche dai sindacati. I costi? Inevitabile che siano lievitati da momento che si sono “ingrassati” gli enti in termini di forza lavoro. Si va dai 300 miliardi di vecchie lire (circa 150 milioni di euro) agli attuali 242 milioni di euro, passando però nel frattempo ad un’emorragia di fondi, con picchi ben più alti, che hanno toccato l’apice nel 2007 quando furono addirittura spesi, secondo i dati forniti dalla Corte dei Conti, ben 360 milioni di euro.
In un decennio quindi, la spesa è arrivata a 2 miliardi e 400 milioni di euro circa, cifra astronomica se si considera anche i risultati praticamente inesistenti della formazione professionale. In questi 10 anni infatti si sono formate le più svariate figure professionali, per lo più dalla scadente cifra tecnica: si sono creati pizzaioli, camerieri e soprattutto estetiste e parrucchieri, con il risultato di creare dei lavoratori poco ricercati sul mercato.
“La Regione – ha sostenuto nella sua ultima relazione la Corte dei Conti – denuncia un’assenza di adeguate indagini finalizzate a individuare le figure professionali maggiormente richieste sul mercato e dunque i profili professionali da porre a fulcro delle iniziative di formazione pubblica”.
Tesi assolutamente confermata dallo studio recente dei Giovani di Confindustria Sicilia che hanno sottoposto un questionario a 242 aziende di tutti i settori, con una media di 35 dipendenti. Di queste, l’82,23 per cento ha dichiarato di avere difficoltà a reperire i profili professionali necessari, pur avendo proceduto negli ultimi tre anni, nell’83,47 per cento dei casi, ad avviare selezioni di personale: “Registriamo – dice Giorgio Cappello, presidente regionale dei Giovani di Confindustria Sicilia – una forte distanza fra la programmazione regionale della formazione professionale e le reali esigenze di personale da assumere nelle aziende”.
I sindacati però stanno davvero ponendo dei seri dubbi sulla possibilità che l’attuale governo regionale riesca davvero a fermare l’emorragia di soldi nell’ambito formativo. Difficile potere raggiungere questo obiettivo se poi si scopre che gli enti, indisturbati, hanno continuato ad assumere, pur passando dagli uffici della Regione per la relativa approvazione: “Adesso basta, non si possono accreditare altri 173 enti di formazione in Sicilia – denuncia il vice segretario dell’Ugl di Agrigento, Lillo Volpe – con l’avallo dell’assessore regionale al Lavoro Luigi Gentile. Dopo gli innumerevoli problemi per l’approvazione del Prof 2009, con tutti i disagi per gli operatori che hanno raggiunto l’incredibile quota di 7 mila e 300 operatori, che con gli occasionali e i flessibili raggiungono quasi quota 10 mila, non si possono e non si debbono perpetrare ancora delle pericolose forme di precariato”.