La pasta con le sarde per conquistare gli Usa

Giusto Priola, ristoratore, proprietario di Cacio e Vino, uno dei primi ristoranti siciliani nella Grande Mela a segnare la svolta dalla cucina italo-americana a quella autentica, tradizionale siciliana.
Giusto, come mai hai deciso a 28 anni di lasciare la Sicilia e di trasferirti a NY?
“A Misilmeri lavoravo nell’azienda edile di mio padre, non ci sono state quindi ragioni di natura economica. Sin da ragazzino però andavo a fare visita ai miei nonni che si erano trasferiti a New York. L’idea della vita nella Grande Mela mi ha sempre affascinato. Un pò per curiosità, un pò per ambizione decido di iniziare la grande avventura americana”.
 
La ristorazione però non arriva subito.
“Non sono uno chef professionale ma la cucina è sempre stata la mia grande passione sin da ragazzino.
A New York ho cominciato a lavorare nella pasticceria dei miei zii e cugini. Chi non conosce a Brooklyn Villabate Alba, un’istituzione a New York. La prima pasticceria siciliana che ha seguito la tradizione isolana dei dolci e delle paste. Un pezzo di Sicilia nel cuore di Brooklyn. Seguono sette anni nella gestione del ristorante di un famoso studio fotografico. Durante quelgi anni, ho imparato la parte gestionale e amministrativa nella ristorazione”.
 
Fino a quando arriva Cacio e Vino.
“Il ristorante siciliano Cacio e Vino nasce non solo dalla mia passione ma da una richiesta: quella di amici e conoscenti che mi chiedevano dove mangiare cibo siciliano vero. Lo stesso che avevano provato nei loro viaggi in Siiclia e che non riuscivano a trovare a New York perchè a dominare era ancora la cucina italo-americana”.
Su che cosa si basa la tua ristorazione?
“Su un menu tradizionale siciliano, autentico. Sulle materie prime importate dalla Sicilia. La pasta con le sarde, le arancine, le sarde a beccafico, la pasta con il nero di seppia. Una carta di vini siciliani e per finire cannoli con ricotta di pecora e cassata siciliana”.
 
Il segreto?
“Tradizione  e autenticità. Gli americani che viaggiano lo sanno che gli spaghetti Alfredo non sono un piatto tipico italiano”.
 
Cosa amano di più?
“Pasta con le sarde, pasta con carciofi e ricotta, i carciofi abbuttunati”.
 
Bissi con Cacio e Pepe, questa volta un ristorante romano?
“Insieme ad altri soci. Anche lì un bel successo. Anche quella una cucina tradizionale ed autentica ma questa volta romana”.
La ristorazione a NY non è di certo facile oggi, quali le differenze rispetto al passato?
“La competizione è senza limiti, gli affitti sono altissimi e aumenteranno ancora. Fino agli anni ottanta e forse novanta, aprire un ristorante era un investimento fruttuosissimo. Oggi forse non è più cosi. Sono molti i ristoranti che chiudono nel giro di un anno. La colpa? Il mercato degli affitti”.
 
Per te invece è un sogno americano che si avvera?
“Ci vuole anche molta fortuna ma soprattutto tenacia e duro lavoro. Io ho portato avanti una filosofia: fare conoscere la vera cucina siciliana e puntare molto sulla qualità. Una formula che ha funzionato perchè è stata capita l’autenticità e la  missione”.
Hai una moglie giapponese e una figlia che si chiama Etna? Cosa ti manca di più della Sicilia?
“La Sicilia la vivo ogni giorno nella mia cucina. I miei genitori vivono ancora a Misilmeri e io torno spesso nella mia terra. Mi mancano i profumi, l’aria, il sole. Cerco di fare vivere queste sensazioni ai miei clienti attraverso il cibo. Porto un pezzo di Sicilia nel cuore di Manhattan”.