PALERMO – Otto comuni siciliani su dieci si trovano senza Piano comunale amianto. Si tratta di un passaggio essenziale per mappare il territorio e procedere alle bonifiche per contrastare le conseguenze dell’esposizione all’amianto che si traducono nell’insorgenza di patologie mortali come il mesotelioma pleurico. Lo strumento è stato previsto da una Legge del 2014, anche se non risulta obbligatorio per via di una successiva norma regionale che lo ha vincolato al Piano regionale amianto, non ancora adottato.
UN ITER TRAVAGLIATO – Cominciamo da lontano. La Gurs del 9 maggio del 2014 pubblicò le “Norme per la tutela della salute e del territorio dai rischi derivanti dall’amianto”, la Legge regionale 29 aprile 2014, n. 10, che prevede, all’articolo 4, che i Comuni, entro tre mesi giorni dalla comunicazione delle linee guida, provvedano ad adottare il proprio “Piano comunale amianto” da trasmettere, entro un mese dall’adozione, all’Ufficio amianto del Dipartimento regionale della Protezione civile. Le linee guida, pubblicate sul sito del Portale informativo amianto della Regione siciliana, sono state confezionate nell’aprile del 2015 e spiegano, in dettaglio, gli obiettivi dei Piani, le modalità di censimento, l’acquisizione delle informazioni e anche la programmazione degli interventi di rimozione e bonifica. Tempi stretti erano previsti anche per le autodenunce previste al comma 3 dell’articolo 5: “Tutti i soggetti pubblici e privati proprietari di siti, edifici, impianti, mezzi di trasporto, manufatti e materiali con presenza di amianto sono obbligati, entro 120 giorni dalla data di pubblicazione della presente legge, a darne comunicazione alla Arpa territorialmente competente, indicando tutti i dati relativi alla presenza di amianto”.
Pur avendo a disposizione tutti gli strumenti per agire, e anche la preziosa assistenza dell’Ufficio amianto della Protezione civile, i Comuni non si sono mossi – fino al 2015 erano ancora pochissimi i Piani inviati –, un immobilismo pericoloso perché l’amianto è una grave emergenza ambientale e mette seriamente a rischio la salute delle persone a causa delle patologie asbesto correlate.
A salvare tutti (ma non i cittadini) ci ha pensato, ancora una volta, l’Ars con una legge che ha posticipato tutte le scadenze. L’articolo 29 della Legge regionale 17 maggio 2016, n.8, ha “liberato” autodenunce e Piani amianto dal legame con l’approvazione della Legge del 2014 e la definizione delle linee guida, collegandone la sorte con l’adozione del Piano di protezione dell’ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica, ai fini della difesa dai pericoli derivanti dall’amianto. In sostanza, prima il Piano regionale e poi l’obbligo di adottare quelli comunali.
LA SITUAZIONE OGGI – Peccato che il Piano regionale, a distanza di tre anni dall’approvazione della legge, non sia mai entrato in vigore. “Il Piano – ha spiegato Antonio Patella, dirigente del servizio Ufficio amianto, al QdS – è stato redatto nell’aprile del 2016 e trasmesso alla Presidenza che lo ha apprezzato nel settembre scorso, quindi è stato trasmesso per la Valutazione ambientale strategica”. La Vas viene rilasciata da una Commissione istituita all’interno dell’assessorato Territorio e ambiente – lo stesso che non ha ancora dato il via libera al Piano della qualità dell’aria e al capitolo sulla valorizzazione energetica del Piano rifiuti, tanto per intenderci – e proprio lo scorso mese c’è stata l’ultima convocazione. Ma il via libera non c’è ancora.
Risultati? Ancora pochi, anche se la tendenza è in crescita. Fino al 2015 c’era un numero veramente esiguo di Piani, poi nel 2016 una cinquantina e l’ultimo aggiornamento, al 2017, fa riferimento a poco più di settanta su 390 Comuni in totale, cioè circa il 20% degli Enti locali isolani. “Abbiamo lanciato un messaggio chiaro – ha proseguito Patella – e molti Comuni lo hanno compreso, perché non è necessario attendere che la Regioni approvi il Piano per preparare il proprio”.
Il rischio è che, in seguito all’adozione del Piano regionale, si venga a creare il classico collo di bottiglia, con la corsa degli Enti locali in ritardo per farsi approvare il documento in questione prima della scadenza. “Come Ufficio – ha aggiunto Patella – controlliamo i Piani approvati dai Comuni e spieghiamo cosa integrare. Abbiamo anche realizzato dei corsi di formazione e convocato tutti gli Enti siciliani, anche se l’adesione è stata molto bassa”.
UNO SGUARDO SUL TERRITORIO – I sistemi di mappatura sono semplici ed efficaci: si può procedere, ad esempio, anche con google maps, che è uno strumento gratuito. Anche per questo un primo elenco esiste già. Si tratta di quello degli edifici e dei siti con presenza certa di amianto al 31 dicembre del 2016. Dati consolidati, perché presenti nei Piani comunali o comunque verificati in qualche modo, contenenti 629 siti con manufatti di amianto (recipienti, coperture, canne fumarie, etc…). Tra i luoghi segnalati ci sono anche scuole elementari, centri giovanili, biblioteche, abitazioni private, edifici agricoli e artigianali. La più coinvolta è la provincia di Caltanissetta, nella quale si registrano oltre 300 siti. La provincia di Catania è segnalata per 33 casi, poco meno del doppio a Palermo e 17 casi nel siracusano. Esiste, tuttavia, un secondo elenco, ben più corposo, che contiene circa 12 mila segnalazioni complessive che devono essere ancora confermate. In ogni caso, considerando l’assenza di obbligo e i ritardi nella consegna dei piani amianto, è verosimile immaginare dei numeri iperbolici nel prossimi futuro.
Mappatura indispensabile per far partire le bonifiche
PALERMO – L’amianto uccide. Il nesso di causalità dell’esposizione con l’insorgenza del mesotelioma pleurico è stato riconosciuto in diverse sedi: nei mesi scorsi, anche in una sentenza della Corte di Appello di Roma che ha motivato in questo modo la decisione di riconoscere la rendita per malattia professionale agli eredi di un lavoratore a contatto con l’amianto. È stata sempre la Corte a ribadire come “l’esposizione all’amianto riguardasse tutti i lavoratori del polo petrolchimico di Priolo e, addirittura, gli abitanti della zona”.
L’amianto riguarda innanzitutto i siti industriali e i suoi lavoratori – all’inizio di giugno è deceduto il 139° operai della ex Sacelit di Pace del Mela, che aveva ricevuto la diagnosi dell’asbestosi pleurica circa dieci anni fa – ma anche le nuove generazioni, perché la sua presenza è ancora diffusa in tutta l’Isola. E i pericoli sono notevoli. Senza Piano comunale – l’hanno adottato poco più di 70 Comuni della Sicilia – è difficile procedere alla mappatura e quindi alla bonifica. Tra i Comuni capoluogo ne sono in possesso soltanto Caltanissetta, Palermo e Siracusa.
Eppure le conseguenze sono gravissime. Il “Registro mesoteliomi”, un documento del dipartimento regionale per le Attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico, ha registrato, tra 1998 e il 2015, più di 1.300 casi di mesotelioma, quindi circa 80 all’anno tra certi, probabili, possibili e da definire (questi ultimi sono una percentuale irrisoria). Ma ci sono numeri anche più roboanti: l’Ona (Osservatorio nazionale amianto) ha stimato, per il solo 2016, circa 600 casi di decessi per patologie asbesto correlate (mesotelioma, cancro ai polmoni, alla faringe, alla laringe, allo stomaco, al fegato, all’esofago, al colon, al retto e alle ovaie, asbestosi) in Sicilia.