Rischio sismico, servono 14 mld per mettere in sicurezza la Sicilia

PALERMO – Le tragiche conseguenze del terremoto di Ischia – due donne morte, 39 feriti, 2.600 sfollati –  hanno riaperto il dibattito sulla prevenzione e sugli investimenti da effettuare in relazione alle abitazioni che si trovano nelle zone a maggior rischio. In Sicilia, una delle terre più coinvolte dal rischio naturale, siamo all’anno zero e lo conferma la stima di “costo di intervento di miglioramento sismico”, secondo l’ultimo rapporto dell’Ance, che ammonta a circa 14 miliardi di euro per l’intero patrimonio residenziale.
A livello nazionale lo stock abitativo degli edifici residenziali che ricadono nelle prime tre zone a rischio sismico è molto vecchio: il 74,4% del totale comprende abitazioni costruite prima del 1981. Proprio in questa fascia, cioè tra il 1945 e il 1980, stando ai dati dell’Ance, si collocano gli edifici più vulnerabili. Si tratta di sette milioni di immobili che sono stati edificati prima della piena operatività della normativa antisismica del 1974 e dei successivi decreti attuativi.
Per calcolare l’intervento necessario per operare in questo settore bisognoso di interventi, l’Ance ha calcolato le cifre necessarie sulla base di una differenziazione per struttura portante e periodo storico di costruzione. Si è inoltre calcolato anche un indice di vulnerabilità media rispetto al livello soglia 0.6, modulato per epoca di costruzione, tipologia costruttiva e zona sismica. Infine, per la zona 3, si è stimato un grado di vulnerabilità ridotto rispetto alle zone a più alto rischio sismico. “Il costo medio per m2 – si legge nel rapporto – è stato stimato in collaborazione con gli uffici dell’Oice”, cioè l’associazione delle organizzazioni italiane di ingegneria, architettura e consulenza tecnico-economica. Dopo queste precisazioni, l’Ance ha stimato in circa “105 miliardi di euro il costo complessivo per interventi strutturali di miglioramento sismico nelle zone a rischio sismico”. 
In Sicilia è stato stimato il secondo dato più elevato d’Italia, circa 14,1 miliardi (Campania a 14,2), e non c’è da stupirsi se consideriamo l’incrocio dei numeri relativi al rischio sismico e al patrimonio edilizio: il 93% dei Comuni rientra nelle tre fasce di rischio e ci sono 1,8 milioni di abitazioni occupate in edifici residenziali. Nella prima fascia, la più elevata, ci sono 27 comuni, altri 329 nella seconda e cinque nella terza. Ma non è solo la fascia di rischio sismico a preoccupare, nell’Isola ci sono anche 653 mila edifici costruiti tra il 1919 e il 1970.
Il Governo ha messo a disposizione il sismabonus proprio per agevolare gli interventi di miglioramento strutturale. Il provvedimento, previsto nella Legge di bilancio 2017, è stato attivato lo scorso febbraio, dopo l’approvazione delle linee guida per la classificazione del rischio sismico nelle costruzioni e il decreto del Mit. La detrazione è rivolta agli edifici ricadenti nelle zone sismiche 1, 2 e 3, ed è pari al 50% per i lavori eseguiti dal 2017 al 2021, ma si può spingere fino al 70% se migliora di una classe di rischio (l’assegnazione della classe di rischio sismico dell’edificio deve essere effettuata dal professionista) e fino all’80% se migliora di due classi. Può raggiungere anche l’85%, ma solo per gli edifici condominiali. In ogni caso il valore complessivo della spesa non potrà superare 96 mila euro.