Imprenditoria siciliana, i numeri del disastro

PALERMO – Quattordici crisi aziendali con tavoli di confronto aperti (nel complesso più di 20 crisi industriali complesse, cioè di rilevanza nazionale), oltre 150 aree di crisi industriale non complessa con un impatto significativo sullo sviluppo del territorio e sull’occupazione, circa 700 unità locali, considerando tutti i settori manifatturieri, in cassa integrazione tra il 2011 e il 2017. Sono i numeri della crisi produttiva siciliana direttamente dal Mise che ha aggiornato lo stato di salute delle imprese nazionali.
A definire le soluzioni e a gestire il processo di emergenza dell’azienda è la Struttura per le crisi d’impresa del ministero dello Sviluppo che è stata istituita per sviluppare strumenti di contrasto al declino dell’apparato produttivo italiano. Da queste parti, ad esempio, è passato l’iter per il rilancio di Termini Imerese, l’ex polo Fiat, ma anche di altre realtà che sono state meno coinvolte sui media nazionali. 
Tra le grandi emergenze occupazionali, che riguardano appunto le aree di crisi complessa, e quelle non complesse, più piccole eppure comunque incisive nell’economia di un’area, ci sono i dati che riguardano tutte le unità locali (“un’impresa o a una parte di un’impresa situata in una località topograficamente identificata”, definizione Istat) in cigs. La cassa integrazione guadagni straordinari può essere richiesta dal datore di lavoro delle imprese che abbiano impiegato più di 15 addetti nell’ultimo semestre.
L’analisi per settore manifatturiero delinea i contorni di una crisi industriale e delle specificità regionali. Le unità locali in cassa integrazione tra il 2011 e il 2017 nell’ambito di “alimentari e bevande” sono state 45 in Sicilia, un terzo in meno di quanto registrato in Lombardia (165) e in Emilia Romagna (150) che sono state le due regioni più coinvolte. Seguono Campania e Lazio (111 a testa) e quindi il Piemonte (91).
La grande crisi del tessile si è evidenziata soprattutto in Lombardia con 846 unità coinvolte nella cigs, seguita a grande distanza dal Piemonte (368) e quindi dalla Toscana (217). Soltanto 3 le unità nell’Isola.
La contrazione del settore abbigliamento si è fatta sentire soprattutto in Lombardia (243) e Veneto (228), meno nell’Isola (13). Nel comparto della concia del cuoio e delle calzatura sono le Marche a balzare in cima alla classifica con 216 unità in cigs, mentre ci sono ancora valori molto contenuti nell’Isola (6). Duro colpo anche per la lavorazione del legno e dei prodotti in legno col coinvolgimento, nei primi posti, del Veneto (198), dell’Emilia Romagna e della Lombardia (157). Appena sei le unità isolane coinvolte.
Numeri clamorosi, che meglio definiscono il collasso che ha coinvolto il mondo dei media, riguardano l’editoria e la stampa. Guida la classifica la Lombardia con 1.122, poi ci sono Lazio, con oltre 600, e quindi Piemonte, con 376. C’è anche la Sicilia che ha visto 121 unità dover ricorrere allo strumento della cigs. Anche il settore coke e petrolio, che chiaramente coinvolge imprese numericamente più grandi, ha visto il coinvolgimento di 19 unità in Veneto, 16 in Lombardia e 14 in Emilia-Romagna. Nell’Isola il dato è fermo a 4.
Il settore della chimica ha aggredito l’economia lombarda con 299 unità, 17 sono quelle isolane. Anche la lavorazione della gomma e delle materie plastiche ha mietuto numerose vittime: 382 in Lombardia, 249 in Veneto e 188 in Piemonte, 42 in Sicilia.
La crisi della lavorazione dei minerali non metalliferi è stata devastante in Emilia-Romagna (831 unità locali), ma anche in Veneto e Lombardia valori compresi tra 450 e 550. Anche nell’Isola il numero è stato abbastanza significativo con 26 unità. La metallurgia sempre in primo piano in Lombardia (467), così come per i prodotti in metallo (oltre un migliaio), nell’Isola sono stati rispettivamente 28 e 76.
La panoramica sugli altri settori posiziona la Sicilia al di sotto delle regioni che hanno pagato maggiormente la crisi dato il numero superiore di aziende. Restano comunque dati da non sottovalutare: 15 unità nel settore dei mobili e delle altre manifatture, 3 nel recupero e preparazione per il riciclaggio, più di 60 tra autoveicoli e altri mezzi di trasporto, 22 per gli apparecchi medicali e di precisione, 37 per le apparecchiature per le comunicazioni, 54 per gli apparecchi elettrici, 12 per le macchie per ufficio e computer, 65 per macchine e apparecchi meccanici.