La Pa, invece, in atto non corre pericoli perché i dirigenti, che non hanno attrezzato per tempo le proprie strutture, non sono sanzionati nei loro compensi.
è ormai convinzione unanime che l’arretratezza del Paese, e quella ben maggiore del Mezzogiorno, ricade sulle spalle di un ceto politico non qualificato ed anche su un ceto dirigenziale che è stato al servizio del primo, lasciando correre l’acqua sotto i ponti senza fare nulla. Per fortuna le cose stanno cambiando, anche se lentamente, e cominciano a prendere forma le varie norme che prevedono direttamente responsabilità dei dirigenti.
Il pesce puzza dalla testa. Se i dirigenti puzzano, tutti i loro dipendenti non potranno fare odore di gelsomino. Perciò è necessario che tutti i cittadini facciano sentire l’esigenza di modernizzare immediatamente l’organizzazione della Pa, dotandola non solo di Pc, che in quanto tali sono del tutto inutili, quanto dei loro collegamenti in tutte le reti, in modo da dare e ottenere informazioni e procedere a effettuare i provvedimenti amministrativi richiesti.
Sono decenni che sentiamo parlare di e-government. Si sono fatti alcuni passi avanti, ma non c’è ancora un sistema integrato di informazione telematica, soprattutto nei rapporti tra enti locali e di questi ultimi verso Regione e Stato. Una grande carenza si nota inoltre nella opacità dei comportamenti pubblici, in quanto enti e dipartimenti dotati di portale spesso non lo aggiornano e più spesso non vi inseriscono tutte quelle norme che farebbero guardare dentro l’amministrazione come attraverso dei vetri trasparenti.
Lo sforzo di digitalizzazione, che sulla carta si sta compiendo, trova una feroce opposizione da parte dei burocrati, perché sanno di perdere gli scudi dei pesanti tendaggi che li mettevano al riparo dalla pubblica opinione.
La strenua resistenza però si assottiglia perché il progresso non si può fermare. Ma resta un forte divario tra il funzionamento della Pa meridionale e quella settentrionale.
Anche su questo versante bisognerà intervenire oggi e non domani, perché mantenere lo status quo significa allontanare ancora di più il Sud dal Nord. La classifica del quotidiano confindustriale sulla qualità delle 107 province la dice lunga. Tutte quelle siciliane sono classificate fra l’83° e il 107° posto.