Giornate dell’economia: sognando le infrastrutture per Palermo

PALERMO – Dalla crisi finanziaria degli Enti locali alla fuga dei cervelli, passando per l’emergenza migranti al ruolo delle banche locali nell’economia mondiale: questi alcuni dei temi che, seguendo il filo conduttore dei "frutti avvelenati della globalizzazione", animeranno la decima edizione de "Le Giornate dell’Economia del Mezzogiorno" e il "31° Osservatorio congiunturale economia 2018 Forecasting the future" in programma dal 20 al 25 novembre prossimi a Palermo.
La presentazione dell’evento è avvenuta nella Sala Consiglio dell’Autorita’ di Sistema portuale del mare di Sicilia occidentale, alla presenza del presidente Pasqualino Monti, del professore Pietro Busetta, presidente della Fondazione Curella, del sindaco di Palermo Leoluca Orlando, del presidente del Diste Consulting Alessandro La Monica, di rappresentanti dell’Irfis, di Giuseppe Leo, responsabile Risorse Umane della Banca Popolare Sant’Angelo.
 
"L’incontro in questa sede rappresenta un ulteriore tassello che stiamo costruendo per integrare il porto alla città di Palermo e viceversa – ha detto Monti -. Stiamo portando avanti un lavoro di riqualificazione con nuove occasioni di lavoro, producendo la cosiddetta economia reale. E’ questo il modo giusto per affrontare i problemi che esistono in termini di occupazione giovanile". 
 
 
Il sindaco Orlando ha parlato di una "straordinaria collaborazione interistituzionale tra pubblico e privato. Una città che si chiama Panormus non può permettersi di avere un aeroporto che cerca di essere adeguato alla città, un sistema ferroviario che cerca di essere adeguato alla città e un porto che non è  ancora adeguato alla città. Il nostro è un modo per mandare un messaggio: la città cresce tutta. Un po’ di sano ottimismo serve".
 
Entrando nello specifico, Busetta ha parlato di una ventina di incontri che "riguarderanno l’economia di tutta la città. Vogliamo analizzare il tema della globalizzazione non come elemento positivo ma puntando l’attenzione sui suoi frutti avvelenati. Se da un lato la globalizzazione ha tirato fuori un miliardo di persone dalla povertà assoluta, facendo dunque grandissime cose, dall’altro rischia di destabilizzare tanti Paesi. Se la globalizzazione non è governata gli effetti possono essere dirompenti".