La plastica sulle spiagge? Da inquinamento a risorsa

PALERMO – La plastica sulle spiagge alimenta un danno molteplice: un rifiuto che danneggia flora e fauna, una risorsa sprecata che potrebbe rientrare a pieno titolo nell’economia circolare e un costo a carico dei comuni per restituire veste dignitosa al litorale. Di questo aspetto si è discusso ieri in occasione della presentazione delle attività di ricerca dell’Enea nell’ambito del worskhop “Marine litter: da emergenza ambientale a potenziale risorsa”. Un tema che potrebbe riguardare da vicino proprio le coste isolane.
 
Secondo l’Enea, oltre l’80% dei rifiuti raccolti sulle spiagge italiane è rappresentato da plastiche che minacciano l’ecosistema e la salute dell’uomo. L’Agenzia ha messo in evidenza anche le fonti d’inquinamento da microplastiche che “per le dimensioni inferiori a 5mm, non vengono trattenute dagli impianti di depurazione delle acque reflue”. E sono proprio i frammenti, prodotti dalla degradazione delle plastiche, che “rappresentano il 46% degli ‘oggetti’ rinvenuti lungo le spiagge italiane, dove è stata stimata la presenza di almeno 100 milioni di cotton fioc”.
 
Il quadro complessivo del fenomeno è stato fornito da Loris Pietrelli, ricercatore Enea del dipartimento Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali: “la presenza delle plastiche in mare è in larga parte dovuta a una scorretta gestione dei rifiuti solidi urbani, alla mancata o insufficiente depurazione dei reflui urbani, a comportamenti individuali quotidiani inconsapevoli. Così facendo il rischio di trasformare i nostri mari in discariche è molto elevato. Secondo alcune ipotesi, entro il 2050 nel mare avremo più plastica che pesci”.
L’impatto delle plastiche sull’ambiente è serio e da studiare in dettaglio, tuttavia ci sono da approfondire anche le opportunità offerte dalla ricerca scientifica con “l’obiettivo di trasformare i rifiuti in risorse, promuovendo una maggiore conoscenza e consapevolezza da parte dei cittadini e dei consumatori”. Proprio in questa direzione si inseriscono le proposte progettuali dell’Enea per il riutilizzo del beach litter.
 
Da problema in risorsa
Le attività di ricerca condotte dall’Enea per caratterizzare le plastiche raccolte lungo le spiagge e in mare hanno dimostrato che la maggior parte di esse è costituita da “polimeri termoplastici come polietilene e polipropilene, materiali riciclabili in nuovi oggetti commercializzabili, da rifiuto a risorsa economica”. Sulla base di queste ricerche, la caratterizzazione qualitativa e quantitativa dei materiali polimerici può “rappresentare il punto di partenza per una gestione sostenibile dei materiali plastici: dal recupero, al trattamento fino al riciclo”.
 
Il quadro siciliano
Un’opzione che potrebbe facilmente trovare casa anche in Sicilia. Per comprendere la situazione isolana, è sufficiente controllare la mappa interattiva realizzata da Legambiente (legambiente.it/marinelitter/) che registra i vari monitoraggi realizzati dall’associazione tra il 2014 e il 2017. Nel 2016 la spiaggia dell’Arenella, nella provincia aretusea, in 100 metri di spiaggia ospitava 758 rifiuti (65% in plastica). Una media abbastanza vicina a quanto registrato nella spiaggia Babbaluciara, nell’agrigentino, con 786 rifiuti in 100 metri di spiaggia e ancora predominio della della plastica (77%). Migliore, invece, la prestazione della Marina di Priolo, sempre nel siracusano, con 464 rifiuti in 100 (33% plastica).
La plastica ingombra e pesa sui bilanci. Uno studio condotto a livello europeo, basandosi su 32 comuni situati in sette Paesi differenti della zona adriatico-ionica, ha stimato un costo annuale da circa 220 mila euro a comune per la pulizia delle spiagge. A livello europeo, secondo l’Unep (United nations environment programme), la spesa per la pulizia annuale delle spiagge è stimata in circa 412 milioni di euro.