PALERMO – “I piani anti-crisi del G8 dovrebbero colorarsi di verde”. Con questo auspicio Stefania Prestigiacomo ha chiuso il vertice siracusano, ribadendo l’affermazione pre-G8 in cui aveva annunciato una visione comune con gli Stati Uniti di Barak Obama sul tema dell’energia verde. La Green economy sembra ormai apprestarsi a divenire uno dei classici termini multiuso del politichese piuttosto che un obiettivo concreto e strategico per le sorti energetiche del paese. L’allarme era già stato lanciato da Marco Pigni, direttore di Aper (Associazioni produttori di energia da fonte rinnovabile), che qualche giorno prima del vertice aveva ribadito come la fragilità della rete italiana non gli avrebbe permesso di raggiungere l’obiettivo previsto nel pacchetto UE del 2020.
In realtà, la conferma che in Italia negli ultimi anni, nonostante l’incentivazione e lo stimolo dell’Unione Europea, non si stiano facendo passi da gigante, arriva dai dati dell’ultimo rapporto dell’Ewea (European Wind Energy Association) che ha bocciato duramente il Belpaese a causa della lontananza dai target europei che prevedono già una scadenza per il 2010: 25% del consumo lordo di elettricità prodotta da fonti rinnovabili. Secondo il rapporto l’Italia soffre il confronto europeo passando addirittura dal 16% nel 1997 al 15,43% del 2004.
In Sicilia la situazione si fa decisamente più drammatica. Nell’isola degli idrocarburi pare ci sia spazio per la green energy, solo se per verde si intende il colore del denaro. I dati del resto attestano chiaramente un netto ritardo rispetto la produzione italiana, che ha raggiunto il 14,5% di rinnovabile nel 2006, quindi a rischio sforamento dei criteri europei.
La produzione netta di energia elettrica in Sicilia nel 2007, secondo dati Terna, è stata di 24.097,7 GWh, ma appena il 4% è stato realizzato da fonte rinnovabile. Un dato allarmante se si pensa che la produzione termoelettrica ammonta ancora a 22.538 GWh all’anno. Del resto, come testimonia l’ultimo rapporto dell’Ufficio speciale per l’Energia dell’assessorato all’Industria della Regione, nell’Isola, nonostante l’espansione dell’eolico, “rispetto l’anno precedente non risultano sostanziali variazioni nel sistema elettrico”. Andando più in dettaglio l’eolico domina l’intera filiera dell’energia rinnovabile con una partecipazione dell’84,5% (854 GWh), seguito a grande distanza dall’energia idrica da apporti naturali a 9,6% (97,5 GWh) e dall’energia ricavata da biomasse e rifiuti 5,79% (58,7 GWh). Chiude un misero 0,14% per l’energia fotovoltaica, pari a 1,5 GWh.
L’appetibilità dell’eolico deriva da sostanziosi contributi statali e agevolazioni, tra cui i certificati verdi che garantiscono introiti extra e i finanziamenti della 488, che nel 2006 ha permesso l’erogazione di 50 milioni di euro, cioè un terzo della somma complessiva destinata all’energia da fonte rinnovabile destinata all’isola. Ma ancora più preoccupanti risultano la comparazioni degli ultimi anni. Energia eolica e fotovoltaica sono le uniche rinnovabili a galoppare, visto che sono cresciute da 31 GWh nel 2001, ai 488 GWh nel 2006, fino a raddoppiare toccando quota 856,2 GWh nel 2007 (854 GWh solo di eolico), mentre la produzione termoelettrica è addirittura cresciuta passando da 23.641 GWh del 2006 a 23.888,8 del 2007.
Sicilia, quindi, che resta in coda nella classificazione nazionale per la produzione di energia da fonte rinnovabile. L’isola ha prodotto nel 2007 energia per 1012,4 GWh, secondo dati pubblicati dal GSE, una cifra che non regge il confronto con la Calabria (1514,4 GWh), con l’Abruzzo (1.161,8 GWh) con la Lombardia (9.765 GWh), con il Piemonte (5511,8 GWh). Sul fronte opposto la Presidenza della Regione Siciliana ha invece salutato il Pears come una straordinaria possibilità per sviluppare “ in parallelo tutti e quattro i cosiddetti pilastri della terza rivoluzione industriale: energie rinnovabili, edifici a energia positiva, idrogeno e smart grids che permetteranno di conseguire la progressiva decarbonizzazione del sistema produttivo siciliano”.