Evasione da record per le imprese siciliane

PLERMO – Alle imprese siciliane piace evadere. Inutile negare l’evidenza: se tutti invocano la crisi per giustificare guadagni ridotti, spesso, in realtà, si tratta di furbetti che si approfittano del sistema e defraudano lo Stato, tenendo per sé molto più di quanto dovrebbero alla società e alla comunità. I dati Istat, elaborati dalla Cgia di Mestre, dipingono un quadro disastroso: la Sicilia registra una percentuale del 7,3%, insieme alla Toscana. Peggio di noi, solo il Molise, (8,4%), l’Umbria, Marche e Puglia (8,3), Campania (7,7), Abruzzo e Calabria (7,6). Diversamente, il Friuli Venezia Giulia (5,8%), il Lazio (5,3), la Lombardia (5), la provincia autonoma di Trento (4,9) e quella di Bolzano (3,9) sono i territori che presentano un rischio evasione più contenuto.
 
In generale, la percentuale di evasione più elevata d’Italia è nel Mezzogiorno con la sua media del 7,6%. Seguono il Centro (6,5%), il Nordest (6) e il Nordovest (5,4). “Per combattere questa piaga sociale ed economica – asserisce il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – la strada da percorrere è una sola: ridurre il peso del prelievo fiscale e rimuovere i numerosi ostacoli burocratici che condizionano, di fatto, coloro che ogni giorno fanno impresa. In altre parole: pagare meno per pagare tutti”.
 
Sebbene sia diminuita di oltre 6 miliardi di euro rispetto all’anno precedente, l’Ufficio studi della Cgia fa sapere che in Italia, a seguito della non corretta dichiarazione dei redditi, sono presenti 93,2 miliardi di euro di imponibile evaso imputabili direttamente alle imprese e alle partite Iva. Il 37,3 per cento dell’evasione è riconducibile al lavoro irregolare (pari ad un valore aggiunto di 77,4 miliardi) e, infine, un ulteriore 17,8 per cento è ascrivibile alle attività illegali e ai fitti in nero (36,9 miliardi).

Per ogni 100 euro di gettito incassato, a causa dell’infedeltà fiscale degli italiani, a livello nazionale l’erario perde 16,3 euro. Le differenze territoriali sono notevoli: se nel Mezzogiorno il gettito che sfugge alle casse pubbliche ogni 100 euro prelevati è di 22,2 euro, a Nordovest si scende a 13,4 euro. Nella quota strettamente in capo alle aziende, il macro settore con la maggiore propensione all’evasione è quello dei servizi professionali (attività legali e di contabilità, attività di direzione aziendale e di consulenza gestionale, studi di architettura e di ingegneria, collaudi e analisi tecniche, altre attività professionali, scientifiche e tecniche e servizi veterinari).
 
Più contenuto, invece, il rischio evasione presente nei servizi alle persone (8,8%), nella produzione di beni alimentari e di consumo (7,7), nell’istruzione e nella sanità (3,9), negli altri servizi alle imprese (2,8), nella produzione di beni di investimento (2,3) e nella produzione di beni intermedi, energia e rifiuti (0,5).
 
“È verosimile ipotizzare – continua il Segretario della Cgia Renato Mason – che con meno tasse da pagare, si registrerebbe una decisa emersione di base imponibile tale da consentire al nostro fisco di concentrare le attività di contrasto nei confronti dei comportamenti fiscali più insidiosi. Ovvero quelli praticati dalle grandi imprese e da molte multinazionali che hanno spostato le sedi fiscali nei Paesi con una marcata fiscalità di vantaggio”. Andando nello specifico la Sicilia conta un’evasione di circa 14 miliardi di euro: 5,7 per dichiarazioni infedeli delle imprese al fisco, altri 6,3 per l’utilizzo non regolare della manodopera e il resto per vari altri fenomeni.