Giorgia Meloni: “Priorità alle infrastrutture per unire davvero il Paese”

Onorevole Meloni, vorremmo cominciare questo incontro più che parlando di programmi, con un ragionamento. Un tema che in questa campagna elettorale non è stato toccato in maniera dovuta è quello etico. L’interesse generale dovrebbe essere l’unità di misura di tutti gli uomini politici. Quando c’è un problema e ci sono due soluzioni per affrontarlo, quella giusta deve essere in grado di rispondere all’interesse di tutti e non soltanto a quello di parte.
“È un tema molto affascinante e molto vero. Ma in un mondo ideale. Il problema, è che ci troviamo in un tempo della storia e della politica nel quale la velocità con cui la società brucia le informazioni rende molto più difficile concentrarsi sulle questioni che hanno un valore”.
 
 
Però si perde di vista il punto di riferimento…
“Certamente. Ed è uno dei motivi, secondo me, per cui Fratelli d’Italia, che della concretezza ha fatto fin da subito il suo vessillo, si attesta ancora intorno soltanto al 5 per cento dei consensi. Anche se va detto che i sondaggi non sono mai stati generosi con noi, perennemente sottostimati: un esempio clamoroso, quando mi sono candidata a sindaco di Roma. Però la ragione per cui in questi anni siamo cresciuti un po’ meno rispetto alle altre forze politiche è proprio questa: il fatto di non avere giocato su ciò che era facile dire. A mio parere la politica ha la responsabilità di guidare la società, non di rincorrerla. I politici si dividono in due categorie: quelli che prendono i voti per fare politica e quelli che fanno politica per prendere i voti. Io mi colloco nella prima categoria, nel senso che ho degli obiettivi e cerco di convincere la società di darmi la possibilità di realizzarli. Altri fanno l’esatto contrario. Noi no, perché la nostra storia è quella di una grande tradizione politica, intesa come missione per gli altri. Da qui la concretezza di cui parlavo prima. Che si declina in chiarezza. Anche nei confronti dei sostenitori la coalizione. Faccio un esempio: abolire la legge Fornero? Atteso che dobbiamo chiarirci su cosa si intenda per ‘abolire’, perché poi i titoli sono una cosa e il merito è un’altra, io sono sì a favore con la reintroduzione della pensione di anzianità, così come credo che non si possa fare per automatismo l’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita. Tuttavia non sono disposta a immaginare un sistema pensionistico che sia differente in base alla generazione in cui nasci. È facile dire: cambiamo le regole del sistema pensionistico per chi va in pensione oggi e per chi ha 40 anni chi se ne importa, se la vedrà qualcun altro. Infatti nel programma elettorale di centrodestra c’è scritto Revisione complessiva del sistema pensionistico. Dove il termine ‘complessiva’ fa la differenza”.
 
Cosa ci può dire, invece, di specifico per quanto riguarda il programma di Fratelli d’Italia?
“Mi piace sottolineare il primo punto del programma, quello della natalità. Un tema che apparentemente non fa presa, che non interessa a chi il 4 marzo punta soltanto a prendere i voti ma che, viceversa, sta a cuore a chi conosce qualcosa della situazione demografica italiana e che ha vagamente interesse per il futuro di una nazione che, se non si invertono i dati, è destinata a scomparire. Un problema di difesa della nostra identità, oltre che economico. Coraggiosamente l’abbiamo messo al punto primo dell’ordine del giorno, pur sapendo che di sicuro ha un impatto minore rispetto al reddito di cittadinanza. Però io ritengo che vadano fatte le cose che servono realmente. Concretezza, appunto”.
 
Quali sono le altre priorità?
“Sicuramente le infrastrutture per il Mezzogiorno, importantissime e fondamentali per costruire una vera unità d’Italia. Un investimento, quello infrastrutturale, per realizzare qualcosa che resti ai nostri figli. Una spesa di prospettiva. Possiamo indebitare i nostri figli se poi i nostri figli ci aiutano a pagare il conto di qualcosa che utilizziamo noi e loro. Non certo come è stato fatto dai governi di centrosinistra, che hanno creato 150 miliardi di euro di debito pubblico, con i quali si sarebbero costruiti 17 ponti sullo Stretto di Messina, per nulla”.
 
In Sicilia avete candidati nei collegi unici?
“Certamente. Nel collegio uninominale di Catania abbiamo, tra gli altri, Manlio Messina, il nuovo coordinatore regionale per la Sicilia Orientale, subentrato a Sandro Pappalardo, nominato assessore nella Giunta Musumeci con delega al Turismo, Sport e Spettacolo acquisendo di recente anche l’interim all’Energia e ai Servizi di pubblica utilità. Anzi, le nostre liste includono proprio nomi di uomini e donne di #diventeràbellissima di Nello Musumeci, del cui operato siamo già soddisfatti, nonostante siano trascorsi pochi mesi dall’insediamento e nonostante la situazione a dir poco confusa che ha ereditato. Con Musumeci abbiamo fatto un accordo politico, continuando un percorso iniziato con le Regionali del novembre scorso”.
 
 
Un accordo anche in vista delle prossime elezioni comunali a Catania?
“Alle quali guardiamo, ovviamente, con grande interesse e concentrazione”.
 
E la candidata Giorgia Meloni?
“Io sono capolista a Milano, a Roma e Catania. Come già detto in precedenza, ho optato per una città del Nord, una del Centro e una del Sud per ribadire quanto per me siano importanti gli italiani tutti. La scelta di Catania, poi, perché la Sicilia è una regione a cui riserviamo un’attenzione particolare e a cui, personalmente, tengo molto, anche sul piano affettivo, poiché da parte di mamma, oltretutto, le mie origini portano in questa meravigliosa Isola. Dunque, il mio vuole essere anche un atto d’amore verso la mia terra, che spero di rappresentare al meglio”.
 
 
Quali idee hanno Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni per il Mezzogiorno?
“Il nostro primo impegno per il Mezzogiorno si traduce in un solo sostantivo: lavoro. Il lavoro lo si costruisce con iniziative di carattere stabile, non con incentivi fatti per uno o due anni, che poi quando terminano vedono la gente finire lo stesso in mezzo a una strada. Lo slogan di Fratelli d’Italia, molto semplicemente, è ‘più assumi, meno paghi’. In pratica, una tassazione per le aziende che tenga conto della percentuale di forza lavoro in rapporto al fatturato per cui l’imprenditore più assume, più gli converrà farlo perché si ridurranno le tasse da pagare. Nello specifico, poi, abbiamo in mente una proposta per cui se un’azienda del Nord viene ad aprire una sede al Sud, gode di una superdeduzione sull’imponibile del reddito d’impresa su cui pagare le tasse. È un modo per dire ai territori dove la ricchezza viaggia meglio: venite a investire in questa terra, date opportunità anche a chi vuole lavorare nel Mezzogiorno d’Italia”.
 
E per quanto riguarda i giovani?
“Occorre trovare un modo per incentivarli a rimanere. So che il governo è venuto qui a parlare di sviluppo. Va bene. Dopodiché, però, devono spiegare come mai il 70 per cento delle risorse è destinato al Nord e solo il 30 al Sud. Inoltre il presidente Gentiloni propone l’apertura a Catania di una succursale del Museo Egizio? Ci mancherebbe, io sono sempre a favore della cultura. Ma qui non servono mummie, servono giovani. Che se ne stanno andando. Una sfida che va di pari passo con la conservazione a spada tratta del made in Italy, attraverso investimenti sul nostro marchio di alta qualità e la sua tutela, combattendo così la contraffazione e difendendo tutto quello che non sono in grado di copiarci: in una sola parola, ‘eccellenza’ italiana.
 
 
Sorge il sospetto che questa legge elettorale, a causa della quale probabilmente non uscirà una governabilità del Paese, sia stata emanata più per tastare il polso all’elettore che per far vincere qualcuno. Che ne pensa?
“Ritengo che questa legge elettorale, che Fratelli d’Italia compattamente, unici nella coalizione di centrodestra e fra i pochissimi di tutto l’arco parlamentare, non ha votato, sia stata sostanzialmente fatta per garantire ai partiti di rinominarsi i parlamentari. Più o meno tutti avevano, per ragioni diverse, una problematica di questo tipo. Secondo me il ragionamento è stato: io ho bisogno di superare l’Italicum perché è una legge che, tolto il capolista, va a preferenze. E io le preferenze non le voglio. Tutto il resto è il risultato di un compromesso, perché uno voleva una cosa, uno ne voleva un’altra, che io non ho votato in quanto secondo me sarebbe stato da irresponsabili nei confronti degli italiani. Oltre al fatto che personalmente detesto le liste bloccate”.
 
A questo punto il 5 marzo cosa succederà? Se il centrodestra dovesse vincere, con quali numeri pensa potrà accadere?
“Se raggiungeremo il 40 per cento sulla quota proporzionale, vorrà dire che avremo stravinto nei collegi e, quindi, una maggioranza ragionevole la tireremo fuori. Ma è bene sottolineare che il centrodestra è l’unico che possa farlo e spero che, una volta raggiunto il risultato, la coalizione si ricordi dell’importanza di Fratelli d’Italia. Anche perché sul ‘dopo’ noi siamo stati gli unici a essere chiari: niente cambi di casacca né inciuci. Per ribadirlo ho di recente sottoscritto, durante una manifestazione a Roma, presenti i candidati di Fratelli d’Italia, il patto ‘Io non tradisco’. Tradotto: cari cittadini, noi non facciamo altro che portare a casa il programma per cui ci avete eletto. E solo questo siamo disposti a fare”.