Camere di Commercio, la riforma non si ferma

PALERMO – Non si ferma il rinnovamento dei meccanismi di funzionamento e accorpamento delle Camere di Commercio, uno dei grandi piani del governo uscente, progettato nell’ambito della riforma della Pubblica amministrazione. Il 16 febbraio scorso il ministro Carlo Calenda ha firmato il decreto che ricuce e riavvia il processo, in seguito allo stop imposto dalla sentenza della Corte Costituzionale dello scorso dicembre. Il documento è attualmente in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
 
“Il decreto permette di completare il processo di riorganizzazione del sistema delle Camere di commercio – si legge nella nota del Mise – all’interno della riforma della Pubblica amministrazione, e, nel definire un nuovo assetto territoriale, consentirà di rispondere con più efficienza alle nuove funzioni innovative, introdotte con la riforma, per sostenere maggiormente la crescita dei tessuti economici che rappresentano”.
 
Tra i provvedimenti previsti ci sono la “razionalizzazione delle sedi delle singole camere di commercio e delle Unioni regionali, la razionalizzazione e riduzione del numero delle aziende speciali e la loro razionalizzazione organizzativa”. In particolare, in seguito al via libera della Corte dei Conti, dal primo marzo sono stati avviati i commissari ad acta, nominati dal ministro Calenda, e anche i 18 processi di accorpamento. Alla fine di questo iter, le Camere di Commercio nazionali passeranno da 60 a 105.
 
Un provvedimento che ridisegna, dopo le polemiche degli ultimi anni, anche la geografia siciliana. Uno degli allegati certifica il passaggio dalle nove Camere, una per provincia, a quattro. In dettaglio, si tratta della Camera di Commercio di Catania, Ragusa, Siracusa e della Sicilia orientale, di Messina, di Agrigento Caltanissetta e Trapani e, in chiusura, di Palermo ed Enna.
 
L’ultimo allegato offre anche il quadro approvato delle dotazioni organiche in carico alle Camere. Complessivamente si tratta 6.747 unità, tra cui si segnalano 214 dirigenti. Numeri record per Milano, considerando che si tratta della capitale economica d’Italia, con 340 unità (7 dirigenti), e Roma, con 387 (7 dirigenti), mentre un po’ più distante si trova Torino, che si ferma a 308 (7 dirigenti). A una certa distanza troviamo Napoli (180), mentre decisamente più contenute le dotazioni del gruppo che segue, dove rintracciamo Bologna, Bolzano, Bari, Firenze, Padova, Genova, Trento, Treviso-Belluno, Vicenza e Verona che oscillano tra il centinaio e 150.
 
Le siciliane risultano tra le meno ricche di personale. La più carica è certamente quella di Palermo ed Enna, che arriva a 94 (3 dirigenti), seguita da Agrigento, con 53 (3 dirigenti) e da Catania, con 52 (2 dirigenti). Fuori dal podio per numerosità del personale ci sono Trapani (39), Ragusa (26), Messina (25), Siracusa (18), Caltanissetta (13).
 
Fissati anche i prossimi passaggi: entro un mese dall’entrata in vigore del procedimento, il Mise, su proposta di Unioncamere, ridefinisce i “servizi che il sistema delle camere di commercio è tenuto a fornire sull’intero territorio nazionale”, mentre le Camere di Commercio, entro tre mesi dalla loro costituzione, sono tenute a “rideterminare il proprio contingente di personale dirigente e non dirigente e, di conseguenza, le proprie dotazioni organiche, tenendo conto del riassetto dei servizi e degli ambiti prioritari di intervento”.