Class action, Tribunale di Palermo non ancora attrezzato alle istanze

PALERMO – Dal primo gennaio è entrata in vigore la norma che introduce anche in Italia la Class action, ma ancora il Tribunale di Palermo, che ha la competenza per la Sicilia, non si è attrezzato per accogliere le istanze di utenti, consumatori ed associazioni. A confermare questo dato di fatto è il presidente facente funzione del palazzo di giustizia, Giuseppe Rizzo, spiegando che “è ancora troppo presto, la norma è stata istituita da appena quindici giorni e non abbiamo avuto il tempo di organizzarci e riunirci per decidere in merito. Nel frattempo aspettiamo che arrivi la prima azione collettiva”.
Questo significa che non si è potuto ancora stabilire quale sarà la Sezione che se ne occuperà, quali e quanti magistrati vi lavoreranno ed infine quanto personale di cancelleria verrà impiegato.
Eppure già dalla scorsa estate non si fa che parlare dell’argomento. Semmai la vera novità è che solo negli ultimi giorni si è pensato di allargare la Class action anche alla Pubblica amministrazione. Se nel capoluogo siciliano tutto sembra tacere e gli avvocati non hanno fatto annunci propagandistici e presentato alcuna istanza, nel Paese le cose vanno diversamente e si marcia a ritmo di una denuncia al giorno. Il Codacons che prende di mira Banca Intesa e Unicredit per le penalità dovute nel caso il conto vada in rosso; poi, sempre il Codacons mette sotto accusa un test fai date per scoprire l’influenza aviaria e suina; l’Aduc, in Toscana, chiede il rimborso del prezzo del sistema operativo Windows installato sul Pc e non usato; quindi l’Adusbef, l’Associazione che difende gli utenti dei servizi bancari e finanziari, si è mossa contro l’Unicredit e la Banca d’Italia su uno dei temi più cari ai risparmiatori: quello dei mutui. E questi sono solo alcuni esempi di azioni collettive per il risarcimento danni che però, proprio a causa del numero sempre crescente, stanno suscitando non poche perplessità.
Il presidente dell’Antitrust, Antonio Catricalà, avverte: “La Class action va usata con molta accortezza, soprattutto all’inizio. Evitiamo gli abusi o rischiamo di depotenziarla e trasformarla in uno strumento residuale”.
Di parere opposto, l’avvocato palermitano Gaetano Palmigiano, che da anni ormai assiste le associazioni dei consumatori e che a breve presenterà una istanza contro un istituto di credito, il quale spiega: “In Italia il rischio di un’azione all’americana non c’è, perché lì le transazioni vengono fatte soprattutto sulle spese legali.
Per fare un esempio, su un risarcimento di 10 milioni il 30 per cento va agli avvocati.
Alla fine l’azione collettiva è una procedura corretta nel senso che, chi si lamenta lo fa perché evidentemente avrà commesso qualche comportamento scorretto. Se una azienda è seria e rispetta tutte le norme non ha nulla da temere dalla class action. Ed è questa la cosa importante. Tutte le normative a tutela dei consumatori, in realtà sono a salvaguardia del mercato e delle imprese corrette, perché eliminano le diseconomie causate da quelle aziende che agiscono in maniera poco trasparente”.