Turismo enogastronomico, Sicilia rimandata

PALERMO – Senza infamia e senza lode. Nulla da segnalare per le attività turistiche legate all’enogastronomia in Sicilia. Purtroppo, c’è da dire, viste le enorme potenzialità del territorio siciliano e dei suoi prodotti, tanto conosciuti e apprezzati da chiunque si sia trovato a visitare i nostri lidi. Una occasione persa, quindi, per rendere questi prodotti ancora più attraenti per chiunque abbia voglia di viaggiare e, tra un monumento e l’altro, godere dei piaceri della tavola.
 
Il turismo enogastronomico sta infatti vivendo un periodo aureo in Italia, secondo quanto emerso dal “I rapporto sul turismo enogastronomico italiano”. La ricerca, condotta sotto l’egida dell’università degli studi di Bergamo, della World Food Travel Association, con il patrocinio di Touring Club, Ismea Qualivita e Federculture, ha analizzato le abitudini di viaggio degli italiani e il trend del turismo a tema food in Italia. E i dati relativi alla Sicilia sono poco confortanti. Pochi, rispetto al numero totale, i ristoranti inseriti nelle guide e le aziende del vino che propongono anche percorsi di accoglienza turistica. Ancora, su tutto il territorio sono presenti appena 4 musei del vino, che è, da sempre, prodotto cardine della produzione agricola siciliana e elemento ricco di storia e folklore e varietà che andrebbe maggiormente valorizzato. Un confronto si può fare, ad esempio, con la Toscana, che ha un numero di ristoranti paragonabile a quello siciliano, ha ben 55 locali inseriti nelle guide, contro i 28 siciliani, 22 strade del vino contro le nostre 12, e 8 musei del vino, il doppio rispetto a quelli isolani.
 
L’osservatorio sul turismo enogastronomico italiano, coordinato da Roberta Garibaldi, ha invece messo in luce come “la gastronomia stia condizionando la scelta dei viaggi. Ora gli italiani si muovono anche per cercare esperienze legate al cibo e al vino”. Tra quelle più richieste: mangiare piatti tipici del luogo in un ristorante locale (73%), visitare un mercato con prodotti del territorio (70%) e comprare cibo da un food truck (59%).
 
Il turismo enogastronomico è arrivato al 30% solo nell’ultimo anno e gli italiani hanno compiuto almeno un viaggio a tema food negli ultimi tre anni. Un numero importante che si inserisce sulla scia di Expo, apripista di una rinnovata coscienza del patrimonio italiano in fatto di materie prime. Tra i dati degni di nota, la domanda che si aggiudica il primo posto è andare alla scoperta di cibi con un esperto gastronomico, insieme al ‘curioso’ caso della birra: sempre più richiesta e più consapevole la scoperta di quella artigianale, di cui l’Italia vanta produzioni più o meno di nicchia, ma molto valide. E per far fronte a interessi eterogenei e variegati, “nei prossimi anni sarà importante segmentare ulteriormente l’offerta per venire incontro alle nicchie di mercato emergenti: ad esempio, turisti della birra, enoturisti, turisti Slow Food…” ha dichiarato Patrick Torrent Queralt, direttore del Catalan Tourist Board. La promozione avverrà sempre di più attraverso i social media, sui quali i turisti enogastronomici già sono soliti condividere le loro esperienze di viaggio.
 
Sono proprio i social a rappresentare la prima fonte a cui si attinge, preceduta dalla cerchia di parenti e amici. Ancora c’è molto da fare rispetto alla ricchezza del patrimonio enogastronomico siciliano, e la rilevanza di questa offerta è ancora da ottimizzare, ad esempio attraverso la valorizzazione dei musei etnografici di piccole dimensioni, che narrano la civiltà contadina e l’evoluzione della vita rurale, ma per lo più stentano a diventare di interesse turistico.