PALERMO – Formazione in azienda? In Sicilia non si sa nemmeno da dove si comincia. Sono pochissime le imprese che adottano il sistema della formazione interna dei propri dipendenti. E la Regione cosa fa? Non sovvenziona più da tempo la legge regionale emanata nel 2002 che avrebbe dovuto superare questa criticità.
Impressionante il gap che emerge tra la Sicilia e la media europea dal Rapporto annuale sulla Formazione Continua presentato dal ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali e realizzato in collaborazione con l’Isfol. I dati parlano chiaro: la media europea delle imprese che hanno offerto formazione ai propri dipendenti è pari al 60 per cento mentre in Sicilia si arriva appena al 45 per cento, ampiamente al di sotto anche della media nazionale di oltre 10 punti percentuale. Anche senza queste cifre la realtà è abbastanza palpabile nella quotidianità: basta guardare le statistiche degli incidenti e delle morti bianche sul lavoro che annualmente aumentano.
“La formazione continua – sostiene il segretario generale della Filca Cisl Sicilia, Santino Spinella – aiuterebbe notevolmente il lavoratore a prendere coscienza dei rischi che ci sono all’interno della propria azienda. Sicuramente questo deficit d’informazione è una delle maggiori cause delle conseguenze tragiche nei luoghi di lavoro, specie nel settore edile”. “Questo risultato – rincara la dose l’Isfol – è determinato in prevalenza dall’assetto che il sistema produttivo siciliano assume in alcuni settori tradizionali in corrispondenza di una ridotta struttura dimensionale e di una bassa intensità di innovazione tecnologica”.
Impietosi e incredibili i numeri che vengono fuori dalla ricerca, aggiornata al 2006: per gli occupati maggiorenni solo nel 45,5 per cento dei casi un lavoratore ha fatto formazione interna. In pratica sono riuscite a far peggio soltanto Calabria e Campania a fronte di una media nazionale che invece si attesta sul 54,6 per cento. Di questo 45,5 per cento, il 4,9 per cento ha frequentato corsi di studio (in questo caso una delle migliori performance italiane), altri invece coesi di formazione (18 per cento) e corsi di autoformazione (40,6 per cento).
In questi ultimi due casi l’impresa siciliana ancora una volta sfigura persino nei confronti dell’arretrato sistema produttivo italiano che rispettivamente, in media, ha raggiunto quota 26,1 e 47,6 per cento. “Da tempo – sottolinea Nino Salerno, presidente di Confindustria Palermo – stiamo lavorando per tentare di inculcare nell’imprenditore la cultura della promozione della formazione interna nella propria azienda. Si deve cominciare a capire che conviene davvero fare formazione per prevenire gli infortuni attraverso degli incentivi premiali nei confronti di quelle attività che non hanno fatto registrare alcun incidente”.
“Le istituzioni – aggiunge Vito D’Amico, presidente del Cna di Palermo – devono garantire maggiori investimenti per le premialità e non disincentivare come fatto sino ad oggi”.
In tutto questo si insinua l’ennesimo flop legislativo della Regione Sicilia. Ricordate la legge regionale numero 9 del 9 agosto del 2002? Questa norma promuoveva specificatamente la formazione in azienda attraverso un buono formativo per l’ingresso nel mercato del lavoro. Ma alla fine questa misura agevolativa è stata finanziata soltanto un anno. In pratica si voleva spingere l’impresa ad effettuare assunzioni a tempo indeterminato dietro un contributo annuale da parte del governo siciliano di 4 mila e 600 euro per quattro anni per ciascuna unità lavorativa. Il tutto finalizzato alla formazione iniziale e continua.
“Un peccato non avere dato seguito a questa legge – dice il dirigente generale del Dipartimento Lavoro, Giovanni Bologna – però probabilmente ha prevalso la cultura del sospetto. Di fronte alla furbizia delle imprese che intascavano i soldi per poi fare formazione solo fittizia la Regione ha preferito chiudere tutto. Sarebbe stato forse più consono fare dei controlli e garantire la continuità di questa legge”.