Comunali, uno spreco da 87 milioni di euro

PALERMO – Benchmarking: “Un processo continuo di misurazione di prodotti, servizi e prassi aziendali mediante il confronto con i concorrenti più forti” (Robert Camp, “Benchmarking. Come analizzare le prassi delle aziende migliori per diventare i primi” Editore Itaca 1991).
Traduzione: come stimolare l’efficacia e l’efficienza dei processi aziendali (anche nelle Pubbliche Amministrazioni) assicurando un miglioramento continuo grazie al costante confronto con l’esterno.
Una prassi sconosciuta ai nostri Comuni, se è vero, come abbiamo dimostrato da nostre precedenti inchieste, che anche ad un superficiale confronto tra i rendiconti 2008 dei 9 capoluoghi e quelli delle cosiddette “gemelle del Nord” (comuni simili ai nostri per numero di abitanti e ampiezza di territorio) risulta evidente l’incompetenza e la vetustà dell’attuale classe politica e dirigenziale che gestisce i nostri Municipi, enti che si rivelano non solo incapaci di recuperare sufficienti risorse in house ma anche indebitati fino al midollo, e dunque impossibilitati ad investire sul territorio in termini di infrastrutture e servizi.
Qualche esempio? Il comune di Verbania riesce a destinare annualmente per gli investimenti necessari quasi il 20% delle proprie risorse, ovvero 8,9 mln di euro solo per il 2008. L’omologo siciliano, Enna, non arriva invece nemmeno al 7%, riservando al capitolo “investimenti” appena 2 mln di euro. Allo stesso modo, Legnano investe per 15,3 mln di euro l’anno, Agrigento 6,4. E via dicendo. Insomma, i Comuni del Nord si proiettano nel futuro, cercando di risolvere i problemi e creando le condizioni economiche e sociali per essere competitivi con le altre realtà locali del paese e dell’Europa. I nostri Comuni, al contrario, sono ancora bloccati, ingolfati, non riescono a guardare avanti, ad avere un’idea di sviluppo. E quando poi succedono le tragedie, perché le tragedie succedono matematicamente quando non si investe, quando non si realizzano le opere necessarie al territorio, come a Messina con l’alluvione del 1° ottobre scorso, i sindaci si giustificano dicendo di non avere soldi. Ed è vero, ma la responsabilità ricade unicamente su di loro. E i numeri non mentono mai. Si chiama anche questo benchmarking.
Confrontarsi con chi lavora meglio di noi non è una vergogna. Così come ammettere di avere sempre da imparare  da chi è più preparato in un determinato settore non è nient’altro che un segno di intelligenza e lungimiranza. Caratteristiche che però sembrano mancare alle nostre amministrazioni municipali.
Tre miliardi 15 milioni 335 mila euro. Questa la spesa globale annuale dei 9 comuni capoluogo siciliani risultante dai rendiconti 2008. Le 9 “gemelle del Nord” spendono addirittura di più, circa 221 milioni di euro, ma basta un rapido confronto alle voci di entrata e di uscita per capire che loro, loro, se lo possono permettere. Infatti, nonostante incassino trasferimenti da Stato e Regione di gran lunga inferiori a quelli percepiti dai nostri Comuni (Palermo 490 mln di euro, Genova 388, solo per dare un’idea), essi risultano incredibilmente più virtuosi nel reperimento delle cosiddette “entrate extratributarie” (rimanendo sul Comune più grande, Palermo introita in questa voce appena 66 mln di euro, Genova 154), e soprattutto riescono a gestire le spese ordinarie e straordinarie con criterio, senza appesantire oltre ogni misura le casse comunali ed evitando l’accensione ad ogni piè sospinto di mutui e prestiti, che automaticamente poi si trasformano in debiti.
E qui torniamo al benchmarking. Se solo i nostri comuni prendessero esempio dai “gemelli del Nord” riuscirebbero nell’immediato quantomeno a capire come recuperare ulteriori risorse semplicemente valorizzando il proprio patrimonio immobiliare, le infrastrutture mediante le quali si erogano i servizi e le società municipalizzate. Perché se qualcosa crea una vera differenza di gestione nelle finanze pubbliche dei nostri comuni e delle “gemelle”, a parte gli sprechi nel personale e appunto un ricorso indiscriminato al credito bancario, è proprio il ricorso alle “entrate extratributarie”, che altro non sono se non sanzioni per violazioni del codice della strada, utili delle società partecipate, proventi da refezione scolastica, rette e trasferimenti asili nido, rette ricovero anziani, e poi Cosap, attività teatrali, musei e altri proventi da Beni dell’amministrazione. Tutti settori, soprattutto quello delle società municipalizzate e partecipate, che tuttalpiù da noi producono perdite.