Omicidio stradale, “reato complesso”

ROMA – Sempre più frequenti sono i casi di cronaca che riferiscono di sinistri stradali con vittime o con feriti causati da soggetti che si sono messi alla guida in stato di ebrezza o sotto l’effetto di droghe.
 
Il legislatore ha introdotto a tal proposito la legge 23 marzo 2016, n. 41, in vigore dal 25 marzo 2016, meglio nota come legge sull’omicidio stradale, nel tentativo di arginare e reprimere il fenomeno.
 
La disciplina precedente prevedeva nel caso di incidenti stradali che si rispondesse per omicidio colposo con l’aggravante di avere commesso il fatto sotto effetto di droghe o alcol in quanto la giurisprudenza riteneva che concorressero il delitto di omicidio colposo e la contravvenzione di guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di droghe.
 
A diversa conclusione si giunge invece oggi, a seguito della importante decisione della Corte Suprema che ha affermato con la sentenza 26857/2018 che chi causa un incidente mortale o con feriti, mentre guida sotto effetto di alcol o droghe, ora risponde solo di omicidio stradale, sia pure nella misura aggravata prevista proprio nei casi di abuso di alcolici o alterazione da stupefacenti. Pronuncia che consolida l’indirizzo espresso dalla stessa sezione (la Quarta penale) poco più di un anno fa (sentenza 2403/2017) a proposito di un omicidio stradale commesso guidando in stato di ebbrezza quando ancora non era in vigore la legge 41/2016 che ha introdotto nel Codice penale gli articoli 589-bis e 590-bis.
 
Ora viene affermato esplicitamente che il principio vale nei casi in cui si applica la norma attuale, compresi quelli in cui il reato è quello di lesioni stradali e l’alterazione è dovuta ad alcol o a droghe. La Cassazione ritiene che altrimenti si violerebbe il principio del ne bis in idem; l’importante brocardo latino che sancisce il principio di diritto per il quale non si può giudicare due volte un soggetto per lo stesso reato. In sostanza, la precedente normativa (articoli 589 e 590 del Codice penale su omicidio e lesioni colpose) prevedeva aggravanti per fatti commessi violando le norme sulla circolazione stradale da soggetti con tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi/litro.
 
La normativa attuale, invece, ha un ambito delineato in modo più preciso e incisivo: si applica non a tutti i conducenti (sono ad esempio esclusi i ciclisti) ma solo a quelli di veicoli a motore e precisa esplicitamente che circostanze come lo stato di ebbrezza, è da considerarsi aggravante dell’ipotesi-base di omicidio stradale. Da ciò si può ritenere che la legge 41/2016 abbia introdotto un reato complesso, che quindi ne assorbe altri, cioè quelli relativi alle aggravanti; questi sono la guida in stato di ebbrezza (articolo 186 del Codice della strada) e quella sotto effetto di droghe (articolo 187), che quindi non vanno contestati separatamente al conducente.
Infatti, questi reati sono dal colpevole “pagati” in termini di aggravante dell’omicidio stradale o delle lesioni stradali.
 
Può quindi affermarsi il seguente principio di diritto: «Nel caso in cui si contesti all’imputato di essersi, dopo il 25 marzo 2016 (data di entrata in vigore della legge n. 41 del 2016), posto alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza e di avere in tale stato cagionato, per colpa, la morte di una o più persone – ovvero lesioni gravi o gravissime alle stesse – dovrà prendersi atto che la condotta di guida in stato di ebbrezza alcoolica viene a perdere la propria autonomia, in quanto circostanza aggravante dei reati di cui agli artt. 589-bis, comma 1, e 590-bis, comma 1, cod. pen., con conseguente necessaria applicazione della disciplina sul reato complesso ai sensi dell’art. 84, comma 1, cod. pen., ed esclusione invece dell’applicabilità di quella generale sul concorso di reati». La stessa soluzione dovrà, naturalmente, valere nel caso di guida in stato di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanza stupefacenti o psicotrope (artt. 589-bis, comma 2, e 590-bis, comma 2, cod. pen.).