Edifici vuoti, ma sulla Sicilia cola altro cemento

PALERMO – La Sicilia ospita quasi un quinto del totale degli edifici inutilizzati a livello nazionale (17%), eppure, ancora nel 2017, il consumo di suolo è cresciuto dello 0,15%, raggiungendo quota 185 mila ettari, cioè il quarto dato tra tutte le regioni. Il consumo di suolo è un “fenomeno associato alla perdita di una risorsa ambientale fondamentale, dovuta all’occupazione di superficie originariamente agricola, naturale o seminaturale”, spiegano dall’Ispra. Si riferisce, quindi, a un incremento della copertura “artificiale di terreno, legato alle dinamiche insediative” ed è dovuto alla “costruzione di nuovi edifici, capannoni e insediamenti, all’espansione delle città, alla densificazione o alla conversione di terreno entro un’area urbana, all’infrastrutturazione del territorio”.
 
Le colate di cemento imperversano in una Sicilia che continua a registrare, in alcune province, tassi di crescita persino superiori alla media nazionale. Rispetto al dato italiano, pari a 7,65%, ci sono diverse aree che si posizionano al di là della tendenza italiana: Ragusa, a quota 15,4, Siracusa, che sfiora la decina (9,7), e quindi Catania (8,3) e Trapani (8).
 
 
Un’avanzata che non si giustifica anche in rapporto alla quantità delle abitazioni censite nell’Isola e, soprattutto, in riferimento a quelle abbandonate. In Sicilia, ci sono 1,7 milioni di edifici esistenti, secondo dato nazionale dopo la Lombardia, la regione leader che la supera di poche decine di migliaia. Tra le costruzioni siciliane censite dall’Istat ce n’è un terzo (intorno al 30%) che risulta inutilizzato. Soltanto la Calabria riesce a fare peggio (40%).
 
A livello complessivo, il 17% degli edifici non utilizzati rispetto al totale nazionale si trova in Sicilia, il 9,3% in Calabria e l’8,4% in Campania. Il dato relativo agli appartamenti vuoti – o scarsamente utilizzati – è preoccupante se si “pensa – si legge nel rapporto Ispra – che quasi un alloggio su quattro è vuoto”.
 
In tutte le regioni, inoltre, il numero degli edifici risulta cresciuto rispetto al 2001. E sono proprio gli edifici residenziali a rappresentare, in ciascun contesto regionale, la grande maggioranza degli edifici, con una quota che, ad eccezione della Valle d’Aosta (73,6%), supera sempre l’80%.
 
Agire sul patrimonio edilizio esistente sarebbe molto più semplice, economico e sostenibile. Lo consentono anche gli incentivi nazionali come il sismabonus o il pacchetto di opportunità offerte dalla riqualificazione energetica. La messa in sicurezza, inoltre, sarebbe una spinta decisiva per l’edilizia siciliana: lo conferma la stima di “costo di intervento di miglioramento sismico”, secondo dati dell’Ance, che ammonta a circa 14 miliardi di euro per l’intero patrimonio residenziale italiano nel mirino del rischio terremoti.
 
Questo giro d’affare potenziale potrebbe coinvolgere in pieno la Sicilia: è stato stimato un flusso di circa 14,1 miliardi per agire su quasi due milioni di abitazioni occupate in edifici residenziali che rientrano in quel 93% di comuni inseriti nelle prime tre fasce di rischio sismico.
 
La detrazione del sismabonus, che si trova in dettaglio sul sito dell’Agenzia delle Entrate (agenziaentrate.gov.it), è rivolta agli edifici ricadenti nelle zone sismiche 1, 2 e 3, ed è pari al 50% per i lavori eseguiti dal 2017 al 2021, ma si può spingere fino al 70% nel caso in cui migliori di almeno una classe di rischio (l’assegnazione della classe di rischio sismico dell’edificio deve essere effettuata dal professionista) e fino all’80% se migliora di due classi.
Può arrivare fino all’85%, ma solo per gli edifici condominiali. In ogni caso il valore complessivo della spesa non potrà superare 96mila euro.
 
Per quanto riguarda l’ecobonus, invece, si tratta di un insieme di agevolazioni per l’efficienza energetica che sono state confermate, con l’ultima legge di bilancio 2018, anche per tutto il 2018. Le aliquote di detrazione partono dal 50% (serramenti e infissi, schermature solari, caldaie a biomassa e a condensazione) per spingersi fino al 65% (riqualificazione globale e tanti altri interventi).
La possibilità di ottenere detrazioni al 70/85% è esclusivamente riservata a diverse operazioni sulle parti comuni dei condomini. Inoltre, sono state ribadite fino al 2021 le aliquote di detrazione gli interventi di tipo condominiale con il limite di spesa di 40 mila euro moltiplicato per il numero di unità immobiliari che compongono l’edificio (tutti i dettagli su http://www.acs.enea.it).