Bioenergie, in Sicilia perfette sconosciute

PALERMO – Lo scorso anno, in Danimarca, è stata realizzata la prima casa fatta interamente con gli scarti agricoli, un edifico modulare ed ecocompatibile che può essere smontato e spostato. Un presente che per la Sicilia assume i connotati di un futuro solo immaginabile, visto che nell’Isola gli scarti agricoli e forestali, nonché la frazione biodegradabile dei rifiuti, sono destinati a restare un materiale inutile.
 
Eppure le bioenergie sono un pezzo fondamentale della Repubblica dell’economia circolare, perché consentirebbero di sfruttare l’energia prodotta da biomassa (ogni materiale che ha origine da organismi viventi), bioliquidi (combustibili liquidi ottenuti dalla biomassa) e biogas (gas originato da fermentazione anaerobica di materiale organico), contribuendo al raggiungimento degli obiettivi richiesti dall’Ue e allo sviluppo economico. E forse non basta ancora l’ultima proposta della Regione, che ha lanciato un avviso pubblico esplorativo per acquisire manifestazioni di interesse per costruire impianti mobili per il trattamento della frazione umida compostabile, determinando il riutilizzo dei rifiuti come combustibile o come altro mezzo per produrre energia.
 
 
Gli ultimi dati ufficiali del Gse, che fanno riferimento al 2016, registrano una produzione siciliana rinnovabile da 5.184 GWh. Nel bilancio dell’energia elettrica regionale, la porzione verde sul totale della produzione, con dati aggiornati da Terna al 2017, vale meno di un terzo del totale, il resto è tutto di derivazione termoelettrica. Risultano rispettati, lo dicono i dati del Gestore dei Servizi Energetici e lo confermano quelli dell’Osservatorio regionale dell’Energia, gli obiettivi del Burden sharing, il decreto che distribuisce tra le Regioni la quota di produzione rinnovabile, assieme a riduzioni di emissioni e risparmio energetico, in vista del raggiungimento degli obiettivi nazionali al 2020.
 
Tuttavia non può bastare, perché la Regione consuma energia rinnovabile meno delle altre (tra le ultime quattro d’Italia) al punto che tutto questo “influisce sulle previsioni al 2020, che evidenziano – si legge nell’introduzione all’ultimo rapporto energia della Regione – una criticità nel raggiungimento dell’obiettivo prefissato”.
 
Per sottolineare il profondo distacco che separa tante Regioni italiane dalla Sicilia, è sufficiente riprendere il quadro degli ultimi dati. In tutta Italia la produzione complessiva da bioenergie è stata di 19.508,6 GWh, un dato che vale circa il 18% della produzione totale da fonte rinnovabile. Quella isolana si è fermata a 239,9 GWh, tra l’altro in contrazione tra il 2015 e il 2016 di circa 24,9 GWh, e risulta essere venti volte inferiore a quella della Lombardia (4.375 GWh). Eppure l’Isola avrebbe un patrimonio di rifiuti urbani e scarti agricoli e forestali da utilizzare, anche più delle Regioni leader del settore.
 
Andando in dettaglio, nel comparto dei rifiuti urbani biodegradabili, la sola Lombardia si prende più di un terzo del totale della produzione nazionale (37,3%) e si conferma leader anche nel settore delle biomasse (1.339 GWh, un quinto del totale nazionale). Assai più modesta la partecipazione isolana, che vale 145 GWh per le biomasse, cioè dieci volte in meno di quella lombarda e di quella calabrese, e che risulta ancora più ridotta per quanto riguarda il biogas che vede appena 91,1 GWh contro 2.794,3 GWh della Lombardia, 1.199 GWh del Veneto o poco più di un migliaio del Piemonte.
 
Nel campo dei bioliquidi la partecipazione è irrisoria (3,8 GWh su 4709 a livello nazionale, leader la Puglia con 1.504 GWh), anche se il settore, a livello nazionale, risulta in decisa espansione (+12% tra il 2014 e il 2015) con ruolo determinante dell’olio di palma, che risulta il più utilizzato, seguito dall’olio di colza mentre ha fatto registrare un deciso tasso di crescita l’impiego dell’olio di soia. In contrazione, invece, oli e grassi animali e oli alimentari esausti.
 
Un clamoroso spreco di risorse e non soltanto in termini di riutilizzo degli scarti che altrimenti finiscono sprecati. Un grande piano di promozione del settore porterebbe investimenti compresi tra 1,2 e 1,5 miliardi e impegnare circa 3mila occupati, spingendo verso una produzione di 560 milioni di metri cubi di biometano all’anno, l’8% del potenziale nazionale.
 
Numeri che arrivano dall’incrocio tra le stime di uno studio Althesys sul potenziale del Mezzogiorno e da un piano per la Sicilia condotto dal professore Biagio Pecorino del dipartimento di Agricoltura, alimentazione e ambiente dell’Università di Catania.
 
Non si tratta di studi recenti, ma di lavori che dovrebbero già essere conosciuti dalla nostra classe politica e che questo giornale ha già evidenziato a partire dalla metà dello scorso anno, ricordando, secondo lo studio “La valutazione delle ricadute economiche e occupazionali dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili in Italia”, che le bioenergie (in particolare biogas e biomasse solide) mantengono la più elevata media di occupati per MW in esercizio, stabilendo un rapporto di circa 7 a 1 rispetto, ad esempio, al fotovoltaico.
 


Geotermia, anche qui la Sicilia sta a zero. “Una fonte che taglia le emissioni del 17%”
 
PALERMO – Risulta ancora pari a zero il bottino della produzione da energia geotermica in Sicilia, secondo gli ultimi dati del Gse. L’Isola non è un’eccezione, visto che l’intera produzione nazionale è concentrata nella sola Toscana che ha fatto registrare 6.288,6 GWh.
 
In Sicilia, stando a quanto riportato dal dipartimento Energia all’interno dell’ultimo report di settore, è proprio la Regione ad avere la competenza “normativa ed amministrativa esclusiva in materia di geotermia”.
I siti di riferimento a livello regionale sono tre – l’area vulcanica dell’Etna, l’arco vulcanico delle Eolie e l’Isola di Pantelleria – e meriterebbero “maggiori studi puntuali sulle modalità di un possibile utilizzo energetico”.
 
Lo sa bene anche il ministro Costa che ne ha parlato nel corso di un’intervista rilasciata Riccardo Iacona per la nuova stagione di ‘Presadiretta’. La geotermia, in particolare, consentirebbe all’Italia di abbattere del 17% a livello nazionale l’emissione di Co2 se tutti la utilizzassero per climatizzare.
 
“Sono andato a dirlo in Europa – ha spiegato il ministro – dobbiamo decarbonizzarci, togliere la Co2. La Co2 deve diminuire del 15% nel 2025, ma nel 2030 del 40%, oltre l’accordo di Parigi. Il metano ci è utile per passare dalla fase 1 alla fase del total electric”.
 
All’inizio di settembre ha, inoltre, istituito “una commissione di sburocratizzazione ambientale, non solo con l’establishment ambientale e pubblica ma anche con le imprese” in quanto “l’impresa che fa ambiente deve dire alla pubblica amministrazione quali sono gli intoppi che ha, per sburocratizzare, cioè fare in modo che si vuole impegnare in questo settore ambientale lo possa fare velocemente”.
 


Rifiuti-risorsa: sono già “una merce” di scambio
 
PALERMO – Esiste anche un portale online, si trova su insymbio.com, che mette in rete domanda e offerta degli scarti agricoli e delle biomasse. Sul sito di riferimento si definisce un “marketplace B2B” e permette che i ‘rifiuti’ di un’azienda diventino risorse per un’altra, favorendo lo scambio.
 
In altri termini è un canale digitale “dedicato al matching di domanda ed offerta di biomasse e scarti agricoli, per razionalizzare e migliorare la filiera”, ma anche “un aggregatore di dati relativi alle materie scambiate sulla piattaforma, per capirne prezzi e trends” e “una leva di marketing per le aziende, che possono mostrare ai propri clienti il loro impegno verso la riduzione dei rifiuti ed aumentare il proprio rating all’interno di programmi di finanziamento come i Piani di Sviluppo Rurale”.
 
Sul sito è possibile registrarsi, cercare oppure offrire materiali grezzi che possono essere riconvertiti in energia, combustibile, prodotti chimici o materiali, trovare le migliori opportunità, perché il portale aggrega le offerte e lascia scoprire prezzi, trend e società nel settore della BioEconomia, permettendo di vendere e acquistare le risorse al miglior prezzo. Diverse le tipologie di materiale a disposizione. Ci sono truciolo, sughero, cereali, frutta, scarti di macellazione, siero da letta, zootechnical wastewater, siero da latte, carta, cippato, sfalci e potature, semi, noccioli, bucce e ortaggi.