Dal 2008 persi in Sicilia ben 114.000 posti di lavoro

ROMA – L’occupazione al Sud al centro della ripartenza, ma il divario strutturale rispetto ai livelli pre crisi e non solo, è ancora troppo ampio.
 
Il miglioramento è importante perché mostra che il problema non è irrisolvibile. Sono stati recuperati i livelli pre crisi dell’occupazione a livello nazionale, ma non nel Mezzogiorno e in Sicilia.
 
Rispetto al 2008 sono andati persi: nel Sud 273 mila posti di lavoro (-4,2%), di questi in Sicilia 114 mila (-7,7%).
 
I dati emergono dalla relazione sulle tendenze dell’economia meridionale presentata dal direttore dello Svimez, Luca Bianchi, nel corso della convention di Confartigianato a Palermo.
 
 
La carenza strutturale di occasioni di lavoro, specialmente qualificato, provoca conseguenze sociali e demografiche come il depauperamento del capitale umano, le migrazioni e la denatalità. Combattere povertà e disuguaglianze è un’esigenza non più solo di giustizia, ma anche di una maggiore efficienza economica, ne deriva che è indispensabile il rilancio della domanda interna per riavviare uno sviluppo durevole e socialmente sostenibile.
 
“Le trasformazioni in atto nell’economia e nella società – spiega Bianchi nel rapporto – richiedono dalla politica interventi di accompagnamento e progetti di investimento, in primo luogo in capitale umano e innovazione, a favore di coloro che rischiano di risultare perdenti dalle nuove sfide della competizione internazionale”.
 
“La paura di essere esclusi dai processi di modernizzazione, diffusa in tutto il Paese – aggiunge il direttore di Svimez – può generare, in aree strutturalmente caratterizzate da bassi livelli di occupazione e da più diffuse aree di marginalità, un senso di isolamento e di insoddisfazione che le tradizionali ricette delle politiche di sviluppo non riesce a soddisfare.
 
Soprattutto è rimasto drammaticamente inferiore nelle regioni meridionali il livello dei servizi pubblici. Lo sviluppo concreto dei diritti di cittadinanza – prosegue Bianchi – è la chiave fondamentale per mobilitare le enormi risorse, umane, ambientali, culturali ancora inutilizzate presenti nel Mezzogiorno, che, se messe a valore, potrebbero contribuire significativamente alla stessa ripresa del Paese”.