Polveri sottili, pericolo costante. Palermo e Siracusa le più esposte

PALERMO – Il mal d’aria sembra ormai divenuto una priorità essenziale da affrontare nelle città italiane. I valori di PM10 oltre i valori consentiti stanno diventando un’abitudine dei grandi centri, che oltre l’emergenza di Milano di cui tanto si parla in questi giorni, sono una preoccupazione reale delle amministrazioni italiane, da Palermo a Torino, e non sempre possono bastare palliativi come le targhe alterne o la Ztl.
Negli ultimi giorni è tornato alto l’allarme anche a Palermo, 6 centraline su 9 hanno rilevato valori superiori a 50 microgrammi per metro cubo nell’arco di 24 ore, ma le città isolane non sono nuove a perfomance di questo genere. Sempre la grave situazione dell’aria palermitana nello scorso novembre aveva imposto all’assessore Francesco Scoma, assessore al traffico del capoluogo regionale, la misura delle targhe alterne, mentre Siracusa è stata vestita dalla maglia nera d’Italia per il record negativo di 321 superamenti nel 2008, dati Istat, battendo persino i 273 superamenti del 2007.
Tuttavia in generale l’aria isolana, nonostante un parco macchine antiquato e poco ecologico, non sembra nel complesso, escludendo le punte di maggior impatto derivate dall’inquinamento delle centrali o delle raffinerie, soffrire quanto le altre metropoli italiane. Nella particolare classifica stilata da Legambiente, dati aggiornati al primo dicembre del 2009, la prima stazione in graduatoria si trova a Palermo, la Giulio Cesare a quota 47 superamenti, secondo la normativa vigente sono 35 i giorni consentiti di superamento del limite giornaliero. “È indispensabile intraprendere in modo urgente azioni strutturali sulla mobilità urbana – ha ribadito Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente  – penalizzando anche economicamente il traffico privato e creando una valida alternativa di trasporto pubblico, promuovendo modalità sostenibili di trasporto di persone e merci. Ma perché la sfida della mobilità urbana venga vinta è necessario un ruolo decisivo del Governo centrale. Ancora oggi gli investimenti maggiori nel settore delle infrastrutture e dei trasporti sono prevalentemente destinate a supportare investimenti tipici delle lunghe distanze piuttosto che intervenire a favore della mobilità urbana”.
Proprio queste le maggiori sfide in tema di sostenibilità urbana, ma la Sicilia ha ancora molto lavoro da svolgere sia sul proprio parco macchine che sul potenziamento dei mezzi pubblici. Secondo i dati degli ultimi annuari Aci il parco veicoli siciliano mantiene l’11,8% delle sue automobili con oltre i 20 anni di anzianità, a differenza della Toscana, dove si arriva a quota 5% o del Trentino quota 4,3% o della Lombardia a 5,6%.
 Questa situazione, che evidentemente attesta un parco macchine maggiormente inquinante rispetto ai motori di ultima generazione che sposano qualità e riduzione delle emissioni, fa il paio con lo stato pessimo dei trasporti pubblici, dove, secondo l’ultimo rapporto Pendolaria di Legambiente, la regione spende pochissimo, 0,13 milioni di euro tra il 2003 e il 2009 per le ferrovie, nonostante le svariate necessità degli isolani di ridurre il traffico su strada. (Sull’argomento altro articolo a pagina 13).