I Carabinieri del Ros, nell’ambito di un’indagini coordinate dalla Procura di Messina, hanno arrestato otto persone per associazione mafiosa, traffico di influenze illecite, estorsione e turbata libertà degli incanti, aggravati dall’avere agevolato il gruppo Romeo-Santapaola.
Gli arrestati sono Antonio Lipari, di 41 anni, Salvatore Lipari, di 44, Giuseppe La Scala, di 51, Ivan Soraci, di 43, Maurizio Romeo, di 38, tutti di Messina, Giovanni Marano, di 46 anni, di Catania, Michele Spina, di 46 anni, di Acireale (Catania), Salvatore Parlato, di 63, di Francofonte (Siracusa).
Al centro dell’inchiesta "Beta 2" le rivelazioni del collaboratore di giustizia Biagio Grasso, il quale ha ricostruito l’organizzazione del clan e gli interessi anche nel settore della gestione dei farmaci tra la Sicilia e la Calabria con il progetto della creazione di un "hub" a Milazzo.
Il gruppo, inoltre, aveva promesso ventimila euro a titolo di acconto a un funzionario della società Invitalia per ottenere l’inserimento di un progetto contro la ludopatia in una graduatoria che avrebbe dovuto consentire di ricevere un finanziamento di circa ottocentomila euro, di cui il 40%-50% a fondo perduto.
Contestata anche la turbativa d’asta commessa da un dipendente dell’ufficio urbanistica del Comune di Messina, nell’interesse del gruppo, alterando la gara d’acquisto di alloggi da assegnare ad abitanti delle novantacinque baracche della zona di Messina denominata "Fondo Fucile".
Il Gip di Messina, accogliendo la richiesta del procuratore Maurizio De Lucia, ha disposto anche il sequestro preventivo della Bet srl, società con sede a Catania, operante nel settore dei giochi e delle scommesse.
Le indagini, avviate nel 2017, costituiscono lo sviluppo dell’operazione Beta, eseguita nel luglio dello scorso anno e che aveva documentato l’operatività nel capoluogo peloritano di una cellula di Cosa nostra catanese.
Il controllo della distribuzione dei farmaci in Sicilia e Calabria veniva esercitata, sfruttando la capacità di intimidazione del clan, attraverso l’imposizione dell’acquisto di prodotti da parte delle farmacie messinesi.
Il gruppo si occupava anche del settore dei giochi e delle scommesse illegali, ma spaziava a tutto campo nell’imprenditoria. Il pentito Biagio Grasso venne sottoposto a estorsione e costretto a cedere la propria quota societaria, del valore di 220.000 euro, della P&F s.r.l. una ditta di progettazione edile con sede a Messina.
"L’attività investigativa – si legge in un comunicato dei Carabinieri – ha confermato l’immagine di un’entità criminale capace di proiettare i propri interessi in diversi settori dell’imprenditoria, che non si è limitata a sfruttare parassitariamente, ma che ha pesantemente infiltrato e finanziato. Il tutto, ancora una volta, grazie alla particolare capacità d’interlocuzione con professionisti ed ambienti istituzionali, in un percorso trasversale in cui il ricorso alla violenza è rimasto sullo sfondo, limitato ai momenti di particolare criticità e nei rapporti con i clan di quartiere".
Addirittura, in una circostanza, confermata dall’interessato, a un farmacista in difficoltà poiché in debito la società fornitrice, sarebbe stato consigliato di "farsi prestare i soldi dalla malavita".
È emerso, infine, che il sodalizio aveva la capacità di incidere anche sull’espressione del voto in alcune zone della città di Messina.