“Capinera”: quindici minuti di applausi finali

"Beviamo a Catania che muore sul mare: lei possa tornare più grande che mai!".
 
I versi di Mogol e la musica di Gianni Bella hanno esaltato ieri sera, durante la prima rappresentazione mondiale della "Capinera" tratta da Verga, il pubblico del Massimo Bellini.
 
E questo perché la partitura, come ha sottolineato il sovrintendente del Teatro, Roberto Grossi, è "Un inno alla città che non a caso ha per emblema quella fenice capace di risorgere dalle proprie ceneri, sempre risorta dopo pestilenze, terremoti ed eruzioni".
 
I quindici minuti di applausi finali – erano anni che non si registravano – testimoniano l’autentico entusiasmo del pubblico per l’operazione.
 
Così come la standing ovation per Gianni Bella, presentatosi sul palco per ultimo, sorreggendosi con un bastone, prova vivente, egli stesso, della caparbietà dei catanesi.
 
Della capacità di saper reagire ai colpi della vita, rimettendosi in piedi.
 
E di fronte alle prove che la città si appresta ad affrontare questa dote potrà risultare fondamentale, insieme a quella di saper cooperare.
 
Va sottolineato infatti come questo spettacolo sia stato realizzato per la determinazione del già citato Roberto Grossi e del direttore artistico del Bellini, Francesco Nicolosi, ma anche grazie a enti che hanno deciso di sostenere l’operazione culturale: oltre alla Siae, la Camera di Commercio della Sicilia orientale, presieduta da Pietro Agen.
 
Detto questo va sottolineato che, se "La Capinera", melodramma moderno in due atti, ha visto la luce, lo si deve in gran parte a Giuseppe Fulcheri, il quale ha promosso l’operazione ed è autore del libretto tratto da Giovanni Verga.
 
Il soggetto s’ispira infatti al romanzo epistolare "Storia di una capinera", pubblicato nel 1871 e ambientato durante l’epidemia di colera che colpì la Sicilia a metà dell’Ottocento.
 
Un testo in cui si narra dell’amore senza speranza tra la novizia Maria e Nino, destinato a sposare la sorellastra di lei. A Maria, tanto cara al padre quanto vittima delle manovre della matrigna, non resterà, dopo aver sperato in una vita diversa, che tornare alla clausura.
 
 
Della "Capinera" sono state realizzate diverse riduzioni cinematografiche e la più nota è quella diretta da Franco Zeffirelli, e che risale al 1993.
 
Un altro regista di straordinaria fama, il tre volte premio Oscar Dante Ferretti, firma, per l’opera andata in scena al Bellini, la regia, le affascinanti scene e i costumi.
 
Senza contare che l’orchestrazione dell’opera si deve a quel mostro di Geoff Westley, mentre l’orchestra del Teatro è stata diretta da Leonardo Catalanotto e il coro da Luigi Petrozziello.
 
 
"Con la produzione di questo melodramma moderno – hanno sottolineato al termine della rappresentazione sia il sovrintendente Roberto Grossi come il direttore artistico Francesco Nicolosi – il Teatro Bellini intraprende strade nuove per rilanciare un genere tutt’altro che esaurito, in cerca di rinnovata ispirazione".
 
Perché questa "Capinera" rappresenta "un omaggio a Verga ma anche alla melodia belliniana, così come al sentimento popolare religioso che culmina nella festa di Sant’Agata".
 
Catania, insomma, nei suoi sentimenti più forti.
 
E in questo specchio, come detto, il pubblico si è riconosciuto, tributando calorosi applausi a tutti gli interpreti e a un coro autore di una prova davvero fuori dall’ordinario.
 
I maggiori consensi gli spettatori li hanno riservati ovviamente a Cristina Baggio, nel ruolo della Capinera, e a Andrea Giovannini in quello di Nino.
 
Applausi anche per il baritono Francesco Verna (il padre) e il basso Carlo Malinverno e per Sonia Fortunato (la matrigna) e Sabrina Messina (Giuditta).
 
Vanno inoltre citati Lorena Scarlata (la badessa) e Alfonso Ciulla (il prete).
 
Trattandosi di una prima mondiale va infine ricordato – nel registrare le perplessità di uno sparuto gruppo di "puristi" e melomani – che le opere liriche come oggi vengono rappresentate sono spesso il frutto di svariate revisioni e miglioramenti. E siamo convinti che questa "Capinera" potrà essere ulteriormente migliorata.
 
Concludendo, questo "melodramma moderno" che mescola lirica, musical e operetta, rappresenta un’operazione di grande coraggio che, come detto, il pubblico ha mostrato di grandire molto.
 
La strada intrapresa, insomma, ci sembra quella giusta anche per aprire il Teatro Massimo Bellini a un pubblico più ampio.
 
Lo spettacolo sarà replicato fino al 18 dicembre.