Morti per amianto in Sicilia. Il killer silenzioso continua l’opera

PALERMO – In Sicilia come nel resto d’Italia si continua ancora a morire d’amianto. Il killer silenzioso, perpetua la sua strage attraverso uno dei tumori più dolorosi: il mesotelioma.
Sono 521 le vittime registrate finora nell’Isola, secondo gli ultimi dati del  rapporto biennale del Registro nazionale dei mesoteliomi (Renam).
I numeri sono agghiaccianti: 9.166 i morti in Italia dal 1993 al 2008 a causa del solo mesotelioma, 3000 i morti ogni anno in Italia a causa di tumori provocati da amianto.
Un numero che secondo lo stesso Registro nazionale avrebbe il suo picco tra il 2010 e il 2015.
La pagina luttuosa delle morti per amianto, vede in testa, secondo il rapporto biennale Renam, il Piemonte dove si sono registrati 1963 morti, a seguire la Liguria (1.246) e la Lombardia (1.025).
Al Sud è in testa la Sicilia seguita da Campania (497) Puglia (478) e Calabria (6).
E di fronte a questa tragedia, anche se difficile, c’è una soluzione.
Il rapporto del Renam dice che è possibile studiare, catalogare il male. E nel farlo, trovare accorgimenti per arginarlo. Ad esempio, fare le bonifiche e farle bene. Lo studio dei casi rivela che il 69,8% delle persone colpite da malattia amianto-correlata presenta una esposizione professionale, il 4,5% familiare, il 4,7% ambientale, l’1,4% è dovuto a un’attività extralavorativa. Per il 19,5% dei casi, uno su cinque quindi, l’esposizione è da definirsi ignota. Infatti, in molti casi le persone che non sanno dire perché si sono ammalate, ignorano qual è l’arma che li sta per uccidere. Non hanno mai lavorato l’amianto, non hanno mai avuto parenti stretti che l’hanno fatto. Semplicemente, respiravano l’aria senza sapere cosa c’era dentro.
E i soliti sospetti sono l’edilizia (esposizione pari al 22%, sette punti percentuali in più della media nazionale), la metalmeccanica (11%, più 6), il tessile (8%, più 2)
“C’è da preoccuparsi per il futuro –  dice Alessandro Marinaccio, responsabile del Renam -. Il numero di casi provenienti dai settori tradizionali tende a ridursi sempre più. Le malattie dell’amianto si sono frammentate in settori meno noti. L’amianto è stato messo al bando nel 1992, eppure ci sono muratori e operai che muoiono di malattie asbesto-correlate. Davvero c’è da chiedersi: come mai?”. La risposta sta in una parola: bonifiche. Non è un caso che le piccole aziende specializzate nella rimozione dell’amianto siano in crescita, un piccolo business forse cresciuto all’ombra dell’assenza di un piano di bonifica ambientale condiviso su scala nazionale. La Lombardia, ad esempio, ha visto negli ultimi cinque anni un significativo aumento del 7% di aziende registrate alla voce smaltimento, scoibentazione, incapsulamento Eternit.
Ma oltre il danno, è proprio il caso di dirlo, la beffa.
Questo quello che sono costretti a subire le vittime dell’amianto per via di un emendamento al decreto Mille proroghe, presentato dal Senatore Antonio Battaglia della maggioranza governativa che colpisce due volte le vittime dell’amianto perchè nega il riconoscimento stabilito con una sentenza dal Tar Lazio.
 

 
La latenza del mesotelioma dura anche quarant’anni anni
 
PALERMO – Il rapporto Renam giudica di “particolare interesse” i casi di persone che si sono ammalate in luoghi di lavoro spesso aperti al pubblico. Pubblica amministrazione (1%), sanità (1,4%), banche, poste e assicurazioni (0,4%), scuole (0,4%), alberghi, bar e ristoranti (0,3%). Nonostante tutte le ricerche sul mesotelioma, la sopravvivenza continua ad essere breve, 9-12 mesi dalla diagnosi. Mentre la latenza della malattia è molto lunga (circa 40 anni) e sono assai rari i casi per i quali risulta più breve di 10 anni. La diagnosi precoce serve a poco soprattutto perché non ci sono cure. Ma pensiamo ai risarcimenti per queste morti ingiuste: in Italia c’è uno scarto netto tra quello che sostiene l’epidemiologia e quello che pubblica l’Inail come numero di casi indennizzati, semplicemente perchè molte persone non denunciano. Per questo, dicono dal Renam è utile censire i casi. Innanzitutto perchè aiuta a capire quali sono le aree geografiche e professionali dove c’è ancora bisogno di intervenire. Fra quest’ultime, primo tra tutti il settore dell’edilizia, che rivela come molti manufatti in amianto non siano ancora stati eliminati dagli edifici costruiti prima della messa al bando di questo materiale.