Albo degli ex Sportellisti del lavoro: arriva una nuova versione “scremata”

PALERMO – Ogni tanto, a mesi alterni o quasi, l’elenco dei cosiddetti ex sportellisti viene ripreso e rimaneggiato. I numeri sono sempre alti, le scremature ridotte al minimo: 168 gli esclusi a causa della mancanza dei requisiti richiesti, 86 quelli che sono andati in pensione o sono passati a miglior vita. Quelli che sono rimasti dentro sono 1.740.
 
Un nuovo, ennesimo elenco di questi lavoratori che nella pratica, però, si fanno poco o nulla di queste carte che si accumulano l’una sull’altra, ormai fuori dal mondo del lavoro da diversi anni.
 
Nonostante i sit in davanti le maggiori sedi istituzionali regionali e nazionali, nonostante gli scioperi della fame di alcuni lavoratori, nonostante il viaggio della speranza, di pochi mesi fa, a Roma, quando alcuni rappresentanti della categoria sono stati a colloquio con il ministro Luigi Di Maio, che aveva promesso una soluzione della vicenda. E dire che in passato questi servizi sono costati tanto, quasi mezzo miliardo di euro, alle casse dei siciliani, prima della loro dismissione di fatto nel 2015.
 
Queste strutture sono nate con lo scopo di favorire l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro, aiutando dunque i disoccupati, gli inoccupati e successivamente anche gli studenti a trovare un impiego. La loro nascita porta la firma messa in calce dal governo di allora attraverso la circolare dell’assessorato al Lavoro numero 2 del 8 giugno 2000. Con la Convenzione quadro del 4 luglio 2000 tra la Regione Siciliana e gli enti gestori della formazione professionale siciliana, venne stabilito che gli uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione potevano sottoscrivere apposite convenzioni con gli organismi titolari di sportelli multifunzionali operanti nel proprio territorio al fine di avvalersi dei servizi da questi offerti come specificati nella circolare dell’assessorato al Lavoro numero 2 del 8 giugno 2000.
 
Secondo i dati ufficiali, dal 2005 al 2010 gli Sportelli multifunzionali sono costati la bellezza di 334 milioni di euro. Soldi andati sprecati, visto che i risultati apportati sul piano occupazionale sono praticamente pari a zero. Anzi, la situazione siciliana è progressivamente peggiorata. I dati statistici dell’Istat, dicono che nel 2005 in Sicilia c’erano 1.440.000 occupati. Nel 2010 di occupati se ne contavano 1.471.000, con una perdita netta di ulteriori 31 mila posti di lavoro, al ritmo di oltre 5 mila occupati in meno all’anno. Un quadro impietoso della situazione, che si scontra con l’enorme investimento fatto, che si realizza in un apparato enorme, costituito da 252 sportelli istituiti in tutta l’Isola, 1.541 lavoratori (all’epoca in cui erano nati), di cui la quasi totalità (1.385) assunti a tempo indeterminato.
 
Insomma, il sistema, ottimo sulla carta, è andato a sbattere contro la burocrazia e l’immobilismo degli uffici, rimanendo avulso dall’intero mondo del lavoro, per cui la possibilità di trovare effettivamente un impiego attraverso la loro azione erano minime. Come hanno rilevato diversi operatori, gli utenti erano obbligati a rendere dichiarazione di disponibilità, mentre le aziende non avevano alcun vincolo, per cui i pochi posti disponibili non venivano segnalati agli sportelli e ai Cpi, i quali erano impossibilitati a segnalare le opportunità di lavoro nel territorio. L’unica attività possibile, quindi, era quella di supportare i giovani indirizzandoli dopo colloqui orientativi, aiutandoli a compilare il curriculum vitae in maniera efficace, ma fattivamente rimanendo bloccati in un limbo di inattività.