Imu e Tasi sulla seconda casa: in Sicilia salasso da 886 euro l’anno

ROMA – Le tasse sono come gli esami: non finiscono mai.
L’ultima “batosta” è stata quella relativa al saldo di Imu e Tasi, le cui scadenze erano fissate per lo scorso 17 dicembre. Per chi non avesse rispettato tale termine, la sanzione sarà pari al 30 per cento dell’importo dovuto, percentuale che si dimezza se si provvede al pagamento entro i 90 giorni dalla scadenza.
 
In media, per una seconda casa, gli italiani hanno pagato 535 euro che, sommati alla prima rata di pari importo versata entro il 18 giugno scorso fanno ben 1.070 euro.
 
Sono questi alcuni dei numeri che emergono dal rapporto stilato dal Servizio Politiche Territoriali della Uil, i cui relatori hanno effettuato i calcoli sulla base dei costi rapportati ad un’abitazione con rendita catastale derivante dalla media ponderata delle abitazioni di ogni singola città.
 
Il costo medio complessivo di Imu e Tasi a Catania è superiore alla media nazionale e si attesta a 1.115 euro. A Siracusa arriva addirittura a sfiorare i 1.230 euro, mentre gli abitanti di Gorizia hanno corrisposto in totale 582 euro e quelli di Asti (580). Meno della metà rispetto ai cugini aretusei pur usufruendo di servizi “indivisibili” – verde e illuminazione pubblici, strade comunali, arredo urbano – nettamente superiori a quelli di cui hanno usufruito i cittadini siciliani.
 
Secondo il report della Uil, la città siciliana meno cara è Caltanissetta: qui, tra Imu e Tasi, per la seconda abitazione sono stati pagati 699 euro. Sotto la soglia dei 750 euro annui si fermano il capoluogo di Regione, Palermo (745 euro), Enna (738) e Messina, dove di euro ne sono stati corrisposti 709. Supera di pochi euro quota 800 la città di Trapani, dove si è pagato per la seconda casa mediamente 816 euro. A mantenersi sotto la soglia dei 1.000 euro sono anche Ragusa (972 euro) e l’antica Girgenti (955). Stando a queste cifre, in Sicilia si è pagato mediamente la bellezza di 886 euro per Imu e Tasi.
 
Stante il blocco delle aliquote anche per l’anno in corso, non si sono verificati rialzi. Ma neanche ribassi: nessun capoluogo ha optato per ridurre la misura dell’imposta, che è stata riconfermata tale e quale allo scorso anno. Ad eccezione del capoluogo ibleo, che ha applicato un’aliquota complessiva tra Imu e Tasi del 10 per mille, gli altri otto capoluoghi hanno inflitto aliquote superiori alla media nazionale (10,4 per mille), con punte che toccano il 10,7 per milla a Caltanissetta e, addirittura, il 10,9 per ille ad Agrigento.
 
I cittadini che hanno il privilegio di vivere in una dimora che rientra nelle categorie catastali A/1 (abitazione di tipo signorile), A/8 (abitazione in villa) e A/9 (castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici) hanno corrisposto cifre da capogiro: se la media nazionale è di 2.610 euro, i più “sfortunati” tra i siciliani, in questo caso, sono gli agrigentini, che si sono ritrovati a pagare in media ben 3.678 euro, i catanesi, che di euro ne hanno versati 3.550, e ben distanziati i trapanesi (2.616 euro). Nei restanti sei capoluoghi si resta lontani dalla soglia dei 2.000 euro, ma anche da quella dei 1.000: Palermo (1.941), Enna (1.846), Siracusa (1.590), Ragusa (1.248) e Messina (1.141). Caltanissetta si conferma anche per i proprietari di prime case di lusso la città siciliana meno cara (990 euro). L’aliquota media nazionale che tra Imu e Tasi si attesta al 5,7 per mille, non è stata superata solo a Ragusa (4 per mille) e a Palermo (4,8).
 
Le altre sette città, esclusa Agrigento con il suo 6,4 per mille, hanno imposto un’aliquota del 6 per mille tondo tondo.