Catania – Sconfinata, nascosta, maleodorante e con l’arrivo dell’estate anche a rischio incendio.
Ma soprattutto è abusiva la discarica dei resti di palme colpite dal punteruolo rosso, che si trova nel cuore del boschetto della Playa, uno degli ultimi polmoni verdi etnei, in piena zona balneare. è la risposta paradossale dell’amministrazione comunale allo stato di calamità dichiarato dalla Regione lo scorso sei marzo mentre si toccava l’apice nella lotta contro il killer delle palme.
Il sopralluogo
Le ronde di poliziotti e militari dell’esercito girano con i mitra al braccio durante tutta la giornata, i pedoni entrano nel parco pubblico attraverso i cancelli che si trovano a pochi metri dalla spiaggia della Playa.
In fondo allo stradone c’è l’ingresso riservato agli automezzi, è sbarrato e sorvegliato h24.
Di qui passano le camionette della polizia e le auto di ordinanza che poi vengono posteggiate nei pressi del presidio che si trova nel cuore del bosco protetto.
Ed è proprio questo posto di polizia che bisogna varcare per arrivare alla discarica abusiva di palme infette, nessun camion o autovettura di privati potrebbe transitare, ecco perché non si tratta della solita questione di degrado cittadino dovuta all’incuria o alle cattive abitudini degli abitanti.
Qui scaricano solo gli automezzi “autorizzati”. Percorrendo sino in fondo la stradina si arriva ad un grande spazio circondato da centinaia di alberi di eucalipto, lambito quasi dalla tangenziale ovest e confinante lato mare con l’ente fiera portuale.
Il fetore è incredibile, appena arrivati non si può restare indifferenti davanti alle cataste di palme triturate in fermentazione, mosche e insetti non si contano, il tutto condito da rifiuti urbani mescolati senza regole a terriccio ed erbacce in sedimentazione.
E poi sacchetti della nettezza urbana con scritto “Comune di Catania”, toner di stampanti esauriti, spazzatura e scarti vegetali accatastati alla rinfusa senza sistema di raccolta dei percolati e senza estintori.
Un mare legnoso
Il pezzo forte sono le cataste dei tronchi infetti dal punteruolo rosso, secondo il decreto ministeriale del 9/11/07 dovrebbero essere distrutti anche al fine di contrastare la proliferazione del terribile insetto.
E invece qui la marea sconfinata di fusti e fogliame in parte sommersa da rovi ed erbacce è testimonianza di una consuetudine che dura da qualche anno. Chi ha scaricato abusivamente i tronchi delle palme lo ha fatto depositando prima in fondo al piazzale immerso nel bosco, poi gradualmente andando a riempire tutti gli spazi. Non si contano i fori sui fusti con la segatura tutt’intorno, segno della possibile vitalità del punteruolo rosso, come non si contano gli involucri che normalmente ricoprono quest’insetto durante le varie fasi di sviluppo.
Lotta senza tregua
A Palermo sono scesi in campo pure i detenuti del penitenziario di massima sicurezza Pagliarelli che aderendo al progetto “adotta una trappola” per arrestare la diffusione del punteruolo rosso, si sono trasformati in veri e propri cacciatori del terribile insetto.
L’obiettivo è quello di gestire circa 600 trappole per catturare dai 40 ai 50mila esemplari adulti.
A Catania invece sono trascorsi quasi due anni dall’inizio delle attività di contrasto da parte dell’amministrazione comunale ed in particolare dal 24 maggio 2007, quando l’allora assessore all’Ambiente Orazio D’Antoni diffondeva una circolare che obbligava i privati a segnalare all’Ufficio Giardini Pubblici la presenza di palme infette. “Il mancato rispetto di tale obbligo- si leggeva nel documento diramato – comporterà la denuncia all’Autorità giudiziaria competente e l’applicazione delle sanzioni amministrative previste dall’art.54 del decreto legislativo 214/2005 con il pagamento di una somma fino a 3 mila euro”.
Proprio in quel periodo veniva convocata una conferenza stampa in pompa magna, mostrando alle telecamere il procedimento di smaltimento delle palme malate, come quella storica di piazza Stesicoro, che dopo essere stata tagliata veniva trasportata nel centro di stoccaggio di Maniace ed affidata alle cure degli operai della Forestale che provvedevano alla triturazione di ogni parte.
“La distruizione delle palme con segni manifesti d’infestazione – spiegava in quella occasione il prof. Santi Longo ordinario di Entomologia Agraria dell’università di Catania – è il solo mezzo di difesa attiva in grado di eliminare pericolosi focolai d’infestazione ormai numerosi nella nostra provincia. L’unica soluzione è l’abbattimento e la triturazione della pianta”.
In pratica l’esatto contrario di quanto accade in questi giorni dentro al boschetto della Playa.
PALERMO – “Se tra le cataste di tronchi di palmizi dovessero esserci le parti apicali e quelle colpite dal punteruolo rosso saremmo davanti ad un fatto di estrema gravità”. Taglia corto l’assessore regionale all’Agricoltura Giovanni La Via, in prima linea nella battaglia contro il punteruolo rosso da diversi mesi. “La procedura che mettiamo in atto prevede il conferimento a centri specializzati e la distruzione della parti di palme infette”. Cosa ben diversa dall’ammassare abusivamente tutto all’interno di un angolo nascosto del boschetto della Playa. “Lì -aggiunge La Via – la competenza è comunale, essendo appunto un parco gestito dal comune di Catania”. L’assessore regionale all’Agricoltura assicura pronto intervento: “Voglio vederci chiaro e da subito mi attiverò per capire cosa sta accadendo in quella bellissima zona balneare, chiamerò i responsabili e magari poi ci potremo aggiornare”. Sono 30 mila le palme attaccate in Sicilia. Alcune settimane fa Salvo Pogliese, vice presidente vicario del Gruppo parlamentare del Popolo della Libertà all’Ars, ha affermato che “da circa tre anni la Sicilia è stata dichiarata a livello mondiale zona infetta e la circolazione delle sue palme e’ stata fortemente limitata in tutta la Unione Europea e vietata in moltissimi paesi extra Ue’. Per il presidente regionale dell’associazione nazionale vivaisti esportatori (Anve) – aggiungeva Pogliese – il settore ha registrato un tracollo del fatturato pari al 56% del totale nel 2007, con una stima del danno di 12 mln di Euro e di 16 mln di euro nel 2008. Se non vi sarà un’inversione di tendenza, nel 2009 si registrerà la chiusura di molte aziende florovivaistiche”.