Cupola: fermati gli eredi dell’alta mafia

La dda di Palermo ha emesso un decreto di fermo nei confronti di sette persone accusate di far parte della ricostituita Commissione provinciale di Cosa nostra a Palermo.
 
Sono Carmelo Cacocciola, 65 anni, Leandro Greco, 29 anni, Erasmo Lo Bello, 62 anni, Calogero Lo Piccolo, 46 anni, Pietro Lo Sicco, 70 anni, Giuseppe Serio, 39 anni, Giovanni Sirchia, 46 anni.
 
 
Il progetto di ridare vita la Cupola era stato scoperto nel dicembre dello scorso anno e aveva portato al fermo di 47 tra boss e gregari.
 
L’inchiesta, coordinata dal capo della Dda di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca e dai pm Roberto Tartaglia e Amelia Luise, ha consentito di confermare la ricostituzione della Cupola e di individuare, oltre a quelle già scoperte nell’inchiesta di dicembre, altre due figure di vertice: si tratta appunto di Greco e Lo Piccolo, che partecipavano entrambi alle riunioni della rinata Commissione provinciale.
 
Il procuratore Lo Voi,
"Non è una cupoletta"
 
"Qualcuno ha parlato di mezza Cupola, di Cupoletta, Ma le indagini hanno dimostrato che non si trattava di qualche vecchietto tornato in azione, bensì della ricostituzione della Commissione provinciale di Cosa nostra ad opera di soggetti di alto livello mafioso. Dato questo confermato dai personaggi fermati oggi che vantano un lignaggio mafioso di rilievo".
 
Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Palermo Francesco Lo Voi commentando il blitz.
 
Il nipote
del "papa"
 
Leandro Greco, nipote del padrino di Ciaculli, ha 29 anni e si faceva chiamare come il nonno, "papa", appunto.
 
Il padre Giuseppe, invece, morto negli anni scorsi, aveva interrotto la tradizione familiare e faceva il regista.
 
"La figura di Leandro Greco – ha detto il procuratore aggiunto di Palermo Salvo De Luca – al contrario di quella di Lo Piccolo, è una novità assoluta per gli inquirenti. Il nipote di Greco è diventato capo di uno dei tre mandamenti più ricchi e organizzati di Palermo, a soli 23 anni. Un unicum. Uno dei due pentiti che hanno collaborato all’inchiesta lo ha descritto come uno che ha la mentalità di un vecchio nel corpo di un giovane. Cioè nonostante la giovane età è molto ‘attrezzato’ quanto a cultura mafiosa".
 
  Di Michele Greco, il "papa" originario, si ricorda l’augurio, che suonò come una minaccia, fatto da dietro le sbarre dell’Ucciardone alla corte d’Assise che doveva decidere il maxi processo.
 
I capimafia
stavano per fuggire
 
"Quello che si era affermato – ha spiegato ancora De Luca – era decisamente un asse palermocentrico. Greco voleva tagliare fuori i mandamenti di paese e creare una commissione oligarchica e palermocentrica. C’era stata un’animata discussione e uno dei capi della mafia di paese, Bisconti, ora pentito, avrebbe cercato di bloccare il programma di Greco ma la cosa non si era chiusa".
 
De Luca ha anche spiegato che il ricorso ai provvedimenti di fermo è stato determinato dal fatto che Greco e l’altro capomafia fermato, Calogero Lo Piccolo, stavano per fuggire.
 
I pentiti
dietro l’operazione
 
Collabora con i magistrati da mesi ed è un un fiume in piena Filippo Colletti, capomafia di Villabate fermato il 4 dicembre dai carabinieri con l’accusa di far parte della nuova commissione di Cosa nostra.
 
Grazie alle sue dichiarazioni, e alle rivelazioni di un nuovo pentito, Filippo Bisconti, finito in manette nella stessa indagine, i pm della Dda di Palermo sono riusciti ad aggiungere un ulteriore tassello all’inchiesta sulla rinata Cupola.
 
Colletti, ai vertici della nuova Commissione, venne intercettato mentre parlava in auto col suo autista Filippo Cusimano.
 
"Si è fatta comunque una bella cosa.. per me è una bella cosa questa.. molto seria… molto…con bella gente.. bella! grande! gente di paese..vecchia gente di ovunque", disse confermando i sospetti degli inquirenti sulla restaurazione dell’organo direttivo.
 
Colletti e Bisconti hanno rivelato ai magistrati il loro ruolo di vertice dei mandamenti di Villabate e Belmonte Mezzagno.
 
Entrambi hanno inoltre confermato la riorganizzazione della Commissione provinciale di Cosa nostra svelando le dinamiche interne alla stessa e hanno fornito elementi importanti a carico di Leandro Greco, Calogero Lo Piccolo e Giovanni Sirchia.
 
Lo Voi: il progetto
della mafia ha fallito
 
"Le due collaborazioni con la giustizia – ha spiegato Lo Voi durante la conferenza stampa sull’operazione – testimoniano il fallimento del progetto di ricostituzione della Commissione: il futuro non è lì, devono capirlo gli uomini di cosa nostra".
 
Lo Voi ha sottolineato la collaborazione di Polizia e Carabinieri che sinergicamente hanno condotto l’inchiesta.
 
Alla conferenza stampa hanno partecipato anche il comandante provinciale dell’Arma Antonio Di Stasio e il capo della Mobile di Palermo Rodolfo Ruperti.
 
 
L’operazione
del dicembre scorso
 
A mezzogiorno del 29 maggio scorso quattro boss palermitani, tutti all’epoca sotto indagine, fanno perdere le proprie tracce per qualche ora. Spariscono.
 
E nessun aiuto agli investigatori, che da mesi li tengono sotto controllo, arriva dai cellulari che, evidentemente disattivati, non danno indicazioni sui loro spostamenti.
 
A fornire agli inquirenti in modo involontario la chiave del mistero è uno dei quattro, Francesco Colletti, il capomafia di Villabate ora pentito: qualche ora dopo in auto con un uomo d’onore racconterà la cronaca del summit tra i padrini palermitani appena concluso.
 
E’ questa la svolta dell’inchiesta dei magistrati di Palermo sulla Nuova Cupola che a dicembre ha portato in cella 47 persone e oggi, con i fermi di altri sette mafiosi, ha aggiunto un nuovo tassello all’indagine. In quella riunione, il cui luogo è tuttora misterioso, i capimafia hanno riportato in vita la commissione provinciale di Cosa nostra e designato il nuovo capo dei capi: Settimo Mineo, 80 anni, professione ufficiale gioielliere, imputato al maxiprocesso.
 

Le intercettazioni
di Colletti
 
Le parole intercettate di Colletti per i carabinieri e i pm della Dda di Palermo sono state la conferma di un sospetto di mesi: i boss rivolevano la Cupola.
 
Stretta da anni di strapotere corleonese, tenuta in sonno durante la detenzione di Riina, l’unico capo indiscusso di Cosa nostra, ora torna a funzionare. Perché con la morte del padrino c’è bisogno delle antiche certezze e di un organismo che decida "le cose gravi".
 
Colletti finisce in carcere e poco dopo comincia a parlare.
 
La stessa scelta di rottura la fa un altro fermato, Filippo Bisconti, reggente del mandamento mafioso di Misilmeri.
 
Entrambi confermano i ruoli dei boss individuati dagli inquirenti e aggiungono due nomi, quello di Leandro Greco, nipote del Papa di Cosa nostra Michele, padrino di Ciaculli, e Calogero Lo Piccolo, figlio del boss di San Lorenzo Salvatore, finiti oggi in cella.