Diritto all’aborto, associazione Coscioni: “Legge 194 resta ancora oggi inapplicata”

ROMA – Diminuiscono le interruzione di gravidanza, ma i dati diffusi dal ministero della Salute – “con 11 mesi di ritardo” – non convincono l’associazione Coscioni, da anni impegnata per l’effettiva affermazione in Italia del diritto all’aborto.
Secondo l’organizzazione, nella relazione al Parlamento sullo stato di applicazione della legge 194, tale riduzione viene attribuita sostanzialmente a due fattori: l’eliminazione dell’obbligo di prescrizione medica dei contraccettivi di emergenza per le maggiorenni e l’aumento del ricorso ai contraccettivi.
 
 
Queste motivazioni, però, non spiegano perché si assista a una netta riduzione dei tassi di abortività anche tra le minorenni, per le quali continua a esistere l’obbligo di prescrizione per i farmaci di emergenza. “A supporto di tale tesi – incalza l’associazione – non vengono forniti i dati sulle vendite dei contraccettivi. Sembra piuttosto plausibile che tra obiezione di coscienza e chiusura dei consultori, le donne, almeno in certe regioni, non potendo recarsi in strutture di accoglienza e di rispetto del loro diritto all’interruzione di gravidanza, ricorrano all’aborto clandestino, con un aumento delle pratiche al di fuori della legge, anche grazie alla possibilità di accesso ai metodi farmacologici, di cui vi è un fiorente commercio illegale, anche attraverso internet”.
 
Nel report del ministero si legge che “il fronte dell’obiezione di coscienza si mantiene al 68.4% di obiettori tra i ginecologi e al 45.6% tra gli anestesisti”. Per questo, sebbene non si possa parlare di legge “sotto attacco”, l’associazione Coscioni continua a sostenere che, come accade da 40 anni, essa resta ancora largamente inapplicata.
 
“Pur essendo l’obiezione di coscienza prevista dalla legge stessa, è ben vero che l’articolo 9 impone che ‘Gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiestì. Questa è la norma più disapplicata del nostro ordinamento, e il ricorso distorto all’obiezione di coscienza contrasta palesemente con questo dettato. Da 40 anni. E non se ne ricava nessun provvedimento, salvo sporadici esempi quali quello della Regione Lazio sui concorsi dedicati ai ginecologi non obiettori, che tanto clamore hanno suscitato”, continua l’ente in una nota.
 
“Per questo noi di Associazione Luca Coscioni abbiamo da poco lanciato insieme ad altre associazioni la campagna ‘Aborto al Sicurò – che speriamo di poter replicare anche in tutte le regioni, con l’obiettivo di arrivare a una proposta di legge che miri a introdurre una serie di soluzioni che possano facilitare l’applicazione della L. 194/78, come ad esempio: la costituzione di un centro di informazione e coordinamento, prevedendo il monitoraggio dell’obiezione di coscienza; la conferma dell’attribuzione ai consultori familiari di una funzione centrale e informazione e accesso gratuito alla contraccezione in fase post-abortiva”, precisa la nota.
 
“Non vogliamo la cancellazione dell’obiezione di coscienza – conclude l’associazione – ma vogliamo che non venga leso il diritto di chi ha le condizioni previste dalla 194 per ricorrere alla Ivg. Le nostre proposte in questo campo sono da sempre le stesse: Creazione di un albo pubblico dei medici obiettori; Elaborazione di una legge quadro che definisca e regolamenti l’obiezione; Concorsi pubblici riservati a medici non obiettori e obiettori al 50% per la gestione dei servizi di Interruzione volontaria di gravidanza; Utilizzo dei medici ‘gettonatì per sopperire urgentemente alle carenze dei medici non obiettori; Deroga al blocco dei turnover nelle Regioni dove i servizi di interruzione volontaria di gravidanza sono scoperti”.