“Uno uguale uno” ma uno non vale uno

Avevo scritto nell’editoriale pubblicato il 23 gennaio scorso la previsione che l’M5s avrebbe ottenuto un consenso pressoché dimezzato rispetto al 4 marzo 2018. Non avevo la palla di vetro, ma il risultato dell’Abruzzo ha confermato la previsione: 39,2 -19,7.
Il dimezzamento si comprende per almeno due ragioni. La prima riguarda la capacità del Movimento di pescare nel voto di protesta di tutti quegli italiani scontenti di cinque anni di governo targato Pd. La seconda è collegata alla novità del soggetto lanciato dal comico Beppe Grillo.
Gli italiani si aspettavano un vero programma innovatore dall’alleanza dei Pentastellati con la Lega e, invece, si sono trovati a dover subire leggi assistenziali, che distribuiscono risorse pubbliche a pioggia, senza un progetto mirato e concreto di crescita dell’occupazione, conseguente all’aumento della ricchezza.
Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, nonché i due vice presidenti continuano a comunicare che nella Legge di Bilancio 2019 ci sono ben 15 miliardi destinati agli investimenti. Confessiamo la nostra cecità: non siamo riusciti a trovarli nelle 200 pagine della stessa legge.
 
Lo slogan dei Pentastellati è “Uno vale uno”. Hanno scoperto l’America, anzi la Costituzione perché questo principio è inserito nell’articolo tre della Carta fondamentale.
Il retropensiero dello slogan riguarda il fatto che vi sono i cosiddetti poteri forti, i quali attraggono risorse pubbliche sottraendole ai cittadini bisognosi.
In questo slogan c’è una parte di verità, ma non è con provvedimenti demagogici che essa si può ristabilire. Altrettanto demagogico è il provvedimento legislativo transitorio della “Quota 100”, che a regime farà saltare il banco della previdenza. La stessa si regge sull’equilibrio tra i contributi che l’Inps riceve dai lavoratori attivi e le pensioni che paga. Il suddetto provvedimento romperà questo equilibrio non appena andrà in pensione quel milione di 62enni che ne faranno richiesta.
Dunque, risorse distribuite a cascata, mentre ci sono migliaia e migliaia di cantieri bloccati perché la burocrazia non sblocca le risorse. Un blocco che inchioda anche decine di migliaia di dipendenti.
 
“Uno uguale uno” non significa che uno vale uno perché ogni persona è diversa dall’altra per carattere, volontà, spirito di sacrificio, intelligenza, capacità decisionale, voglia di fare e via elencando.
Ed è proprio nella distanza tra le persone la cifra che porta a una differenza di risultati. C’è tanta gente inconcludente non solo per incapacità, ma anche perché non ha voglia di fare, non ha voglia di sacrificarsi, nonha voglia di sudare e pensa, invece, che qualcuno gli debba fare pervenire un assegno mensile per vivere.
Non funziona così. A gente di questo tipo bisognerebbe fargli fare la fame, in quanto questo è l’unico modo perché entri nella loro zucca la realtà, quella realtà del fare, della concretezza e della capacità di realizzare progetti, primo fra i quali il progetto di vita che ognuno di noi deve farsi fin da quando ha 13 anni.
“Uno uguale uno” è una definizione teorica di Democrazia, oseremmo affermare di finta Democrazia perché non tiene conto della necessaria capacità che ognuno deve possedere per essere un bravo cittadino, o diventarlo qualora non lo sia ancora.
 
La finta Democrazia distorce l’equità perché non tiene conto del rapporto fra meriti e bisogni. Fra questi ultimi vi sono quelli che lo stesso individuo non può soddisfare perché incapace di intendere o di volere o non è abile fisicamente; mentre vi sono tanti altri cittadini in buona salute che non hanno la voglia di fare. Si tratta di quelli che comunemente vengono chiamati fannulloni, i quali sovente manifestano e reclamano ad alta voce il soddisfacimento dei loro bisogni che per l’accidia non sono in grado di soddisfare autonomamente.
La finta Democrazia distorce l’equità perché pone sullo stesso piano i meritevoli e gli sfaccendati, cioè respinge quel principio etico secondo il quale ognuno deve ricevere per quanto e per quello che è capace di dare.
Ritornando alle elezioni regionali, l’Abruzzo è stato un test importante, cui seguiranno le consultazioni in Sardegna, Piemonte, Basilicata, Calabria ed Emilia Romagna. Una corsa fino al gran finale: le Europee del 26 maggio. Dopo ci sarà il diluvio!