Gela: suicida Greco, imprenditore simbolo dell’antiracket

"Mio padre è stato ucciso da una Giustizia ingiusta e superficiale perché nessuno ha mai letto i nostri ricorsi".
 
Lo ha detto Francesco Greco, il primogenito dell’imprenditore antiracket Rocco, chiamato da tutti Riccardo, che martedì scorso si è suicidato con un colpo di pistola alla tempia nella sua azienda per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.
 
Riccardo Greco ha deciso di porre fine alla propria vita all’indomani del rifiuto opposto dal Tar di Palermo alla richiesta di sospendere la cosiddetta "interdittiva antimafia" della prefettura di Caltanissetta che l’aveva fatto escludere dalla "White list" delle imprese.
 
"Di colpo, mio padre si è trovato, da cittadino coraggioso che aveva denunciato, fatto arrestare e condannare undici esponenti del racket, a imprenditore senza appalti, costretto a licenziare i suoi cinquanta dipendenti e chiudere".
 
Greco denunciò chi imponeva il "pizzo" nel 2007.
Gli imputati si difesero accusando a loro volta l’imprenditore, che indicarono non come vittima ma come complice perché avrebbe pagato le tangenti in cambio dell’aiuto fornito dalle cosche mafiose per fargli vincere le gare d’appalto.
 
Gli estortori furono condannati ma il pm aprì un’indagine a carico di Greco, conclusasi con l’archiviazione.
 
La ditta continuò a lavorare e ad affermarsi in varie regioni. Ma alcuni mesi fa, quando chiese di partecipare alla ricostruzione post sisma nel Lazio, scoprì di non essere più nella "White list" delle imprese.
 
Il Tar del Lazio esaminando il suo ricorso lo definì "soggetto debole" cioè ipoteticamente "avvicinabile" dai mafiosi.
 
"In due mesi – ha raccontato Francesco Greco – mio padre perse 25 contratti e la stima dei fornitori che ci guardavano come se avessimo un marchio in fronte. La Raffineria dell’Eni ci ha cacciati fuori costringendoci a smantellare di sabato e domenica il cantiere".
 
 
"Ecco – ha concluso il ragazzo – mio padre non accettò di essere trattato in questo modo e ha deciso di farla finita, anche perché molti, e persino le associazioni antiracket, gli avevano girato le spalle. Ora ci chiediamo: ma può un prefetto senza alcuna prova decidere la morte di un’azienda?".
 
 
"Andare incontro – ha detto il leader di Leu ed ex procuratore antimafia Pietro Grasso – a chi subisce il racket attraverso l’assistenza è uno dei principi fondamentali che uno Stato deve avere. Ci sono tante misure, però non vorrei che il calo delle risorse abbia potuto determinare una diminuzione dell’appoggio nei confronti delle vittime di estorsione".
 
"Credo – ha aggiunto Grasso – che questo possa essere un elemento importante da rivedere, esiste un commissario antiracket che dovrebbe cercare di venire incontro a queste esigenze. Fatti come questi sono sempre una sconfitta dello Stato, però le norme ci sono: bisogna mettere a disposizione le risorse".
 
Per Angelo Bonelli e Claudia Mannino, dell’esecutivo nazionale dei Verdi, "Il suicidio dell’imprenditore simbolo della lotta al racket nella frontiera di Gela, è un pugno allo stomaco all’Italia onesta che dimostra come il Ministero degli Interni sia senza guida, quel ministro che doveva tutelare Rocco e lo ha abbandonato. Rocco Greco è stato fermato nei suoi tentativi di ribellione contro il racket imposto dalla mafia, impedendogli, di fatto, di lavorare".
 
"Ci domandiamo – sostengono i Verdi – perché Salvini continui a postare i suoi pranzi e cene, indossare felpe e fare selfie e non adempire alla sua funzione di ministro degli interni occupandosi della sicurezza dei cittadini italiani. Per esempio per fronteggiare la mafia che, tramite le calunnie come nel caso di Greco, impedisce ai cittadini per bene di lavorare onestamente".
I Verdi hanno chiesto che la Cosiam srl, azienda ora curata dal figlio di Rocco, Francesco Greco, venga immediatamente inserita nella "White list" per i lavori di ricostruzione dopo il terremoto in centro Italia, riassumendo i cinquanta operai "che è stata costretta a licenziare a causa dell’inadeguatezza di Salvini".
 
"A questo punto – hanno concluso – Salvini si dimetta da ministro, non è in grado di curare questa funzione, lo faccia per il bene dell’Italia".