MESSINA – Oltre duemila lavoratori in meno e 9 coppie di treni a lunga percorrenza soppressi. E’ il risultato del disimpegno di Trenitalia nell’area dello Stretto con un pesante danno economico per Messina dove si rischia adesso anche la chiusura dell’Officina grandi riparazioni.
Ad evidenziarlo sono i dati inseriti in uno studio fatto dalla Cisl sul trasporto ferroviario e che sono sulla stessa linea di quelli del report fatto qualche tempo fa anche dalla Uil.
E’ probabile che questo quadro poco confortante arrivi al tavolo dell’Osservatorio sull’andamento del servizio ferroviario in Sicilia, in una delle prossime riunioni. L’organismo, invocato fin dal 2013 e recentemente istituito con un decreto dell’assessore regionale Marco Falcone, forse potrà chiarire quale sia il progetto di Trenitalia nell’area della città dello Stretto, se si prospettano investimenti, come più volte hanno ribadito i vertici dell’Azienda, o se, come dicono i sindacati, c’è in atto una lenta dismissione.
Nel 2007 si contavano quattordici coppie di treni, – spiega Tonino Genovese, segretario della Cisl – che collegavano le direttrici Palermo/Siracusa a Roma, Milano, Torino e Venezia. Attraversare lo Stretto per raggiungere Reggio era facile a tutte le ore grazie alla presenza di dieci navi, 5 traghetti e 5 zattere, della flotta FS.
Oggi Rfi ha ormai lasciato una flotta di due navi, una delle quali in esercizio solo per 16 ore, che servono a trasportare esclusivamente le attuali cinque coppie di treni intercity, quattro delle quali raggiungono Roma e una sola Milano che, peraltro, avendo dovuto abbandonare il tracciato più veloce via Bologna, impiega oltre venti ore”.
Per questo servizio, Rfi Navigazione, come ricorda Lillo D’amico, segretario territoriale della Fit Cisl incassa dal contratto con il Ministero dei Trasporti ben 35 milioni di euro all’anno, ai quali si devono aggiungere quasi 20 milioni per le tratte dei treni intercity.
Le conseguenze di questo disimpegno delle due società del gruppo Fs li paga innanzitutto l’utenza come rileva Giosuè Malaponti presidente Comitato Pendolari Siciliani che parla di “problema sullo Stretto ormai incancrenito che andrà avanti fino a quando qualcuno non prende seriamente posizione”.
Una scelta che ha comportato la quasi totale chiusura delle Officine Ferroviarie di Messina, che si occupavano della manutenzione delle carrozze, dando impiego a oltre quattrocento dipendenti; la riduzione a sole tre macchine di manovra nella Stazione di Messina, a fronte delle undici utilizzate prima del 2007, con l’effetto di oltre duecentocinquanta posti di lavoro in meno; l’abbandono del Deposito Locomotive di Messina, nel quale erano impiegati oltre quattrocento macchinisti, adesso ridotti a sessanta unità; la contrazione del personale di bordo treno e cuccettisti con una perdita di duecento unità; la riduzione delle navi traghetto con una ricaduta occupazionale di oltre cinquecento posti di lavoro.
“Sono numeri impressionanti – dicono i rappresentanti della Cisl – e forse ancora non è stato compreso il danno economico per il territorio messinese che ha perso così oltre milleseicento posti di lavoro, dato che arriva a quasi duemila unità se consideriamo anche l’indotto degli appalti”.
La Cisl evidenzia come l’emorragia non è destinata ad arrestarsi visto che Trenitalia, nel disinteresse della politica regionale e nonostante il recente Contratto di servizio firmato con la Regione Sicilia che prevede un contributo di oltre 110 milioni l’anno, prosegue nella sua strategia di delocalizzazione delle lavorazioni.
Il riferimento è all’annunciata chiusura della Officina Grandi Riparazioni di Gazzi, unica realtà in Sicilia in grado di svolgere lavorazioni “pesanti” sul materiale rotabile. Ipotesi avanzata nonostante i 58 milioni di investimento in questo tipo di manutenzioni ed i 13 milioni per il rinnovo degli impianti, inseriti da Trenitalia alla stipula del Contratto di servizio.