Copertura assicurativa per errore medico

PALERMO – Se il medico di medicina generale sbaglia nel prescrivere un trattamento anticoncezionale a una coppia e nasce un figlio indesiderato, il medico paga le spese di mantenimento per il figlio non voluto. Questo è quanto si legge nella sentenza numero 4738, depositata dalla terza sezione civile della Corte di Cassazione lo scorso 19 febbraio.
 
Una coppia aveva citato dinanzi al tribunale di Milano un medico di base per danni da nascita indesiderata derivati dalla prescrizione di un farmaco non idoneo alla contraccezione. Il medico, dal canto suo, aveva chiamato in garanzia la sua compagnia assicuratrice. Il tribunale accoglieva la domanda di risarcimento del danno patrimoniale rappresentato dalle spese per il mantenimento del minore nella misura di 116.237 euro e rigettava la domanda di manleva del medico nei confronti della compagnia.
 
Dunque, il medico ha presentato ricorso presso la Corte d’Appello di Milano che però ha confermato la decisione del tribunale. Ancora una volta, il medico presenta ricorso, in ultima sede presso la Corte di Cassazione in cui viene ribaltata la decisione.
Per la Cassazione le argomentazioni addotte dai giudici di merito a sostegno del rifiuto di manleva non sono condivisibili, con la conseguenza che il medico va quindi garantito dalla propria compagnia di assicurazione rispetto alla condanna al risarcimento per la nascita non voluta.
 
Secondo la sentenza “se il contenuto di un contratto di per sé è fattuale, ciò non toglie, invece, che il suo accertamento deve essere espletato seguendo norme dettate appositamente dal legislatore, e non in modo generalista e atecnico: l’applicazione delle norme ermeneutiche, di cui all’articolo 1362 del codice civile, è un’operazione di diritto, che peraltro non è affidata a una potestà dispositiva delle parti coinvolte, non dipende da specifiche argomentazioni della parte interessata. Questa deve portare il fatto all’esame del giudice – qui l’accordo negoziale tra le parti insorto”.
 
La Cassazione prosegue sottolineando che “peraltro,avendo proposta la domanda di manleva (come riconosce il giudice d’appello), è evidente che il medico ha prospettato al giudicante che nella polizza fossero compresi tutti gli errori, non espressamente esclusi, che egli avrebbe potuto commettere nella sua attività professionale di medico nei confronti di terzi che ne venissero danneggiati: il che in tale tipo di polizza non appare affatto ‘fantasioso’. Peraltro, nulla toglie – si ripete – che l’interpretazione del contratto deve essere effettuata secondo la legge: e la prima delle norme ermeneutiche (articolo 1362, primo comma) prevede proprio il superamento della lettera se questa si distacca dalla comune intenzione delle parti, che si deve comunque ricercare”.
 
“L’articolo 1362 – continua la sentenza – impone di accertare compiutamente se sussista nel caso in esame un’assoluta autosufficienza del tenore letterale in rapporto alla comune intenzione delle parti, che è il fondamentale parametro di interpretazione”.
 
In conclusione, per la Cassazione la sentenza deve essere cassata con rinvio, anche per le spese di lite, alla corte territoriale in diversa composizione, affinché proceda a interpretare il contratto assicurativo di cui è causa secondo gli articoli dal 1362 a seguire.