Il colpo di teatro della gente del Bellini

Coup de théâtre, si dice, colpo di teatro. Ossia qualcosa che avviene, in scena, quando meno te l’aspetti. In questo caso mentre il pubblico, dopo avere a lungo applaudito gli artisti al debutto della "Fedora" di Umberto Giordano nel Bellini di Catania, stava infilando il cappotto per tornare a casa.
 
Qualcosa d’imprevisto è accaduto, ieri sera, sul palcoscenico: il sipario s’è aperto e il gioco delle scenografie mobili (di Alfredo Troisi) che aveva caratterizzato la bella regia di Salvo Piro, ha svelato il "retroscena" del Teatro Massimo, il cuore pulsante del Bellini.
 
E a uno a uno sono apparsi non solo i cantanti, ma gli orchestrali, il coro, le cosiddette "masse" artistiche, il direttore di Sala, le maschere, gli impiegati amministrativi, l’Ufficio stampa, e via via fino al Direttore artistico e al Sovrintendente.
 
Dall’alto è sceso un cartello, con scritto "Non facciamola morire".
 
E sul palcoscenico è comparsa l’attrice Manuela Ventura, con un foglio in mano e un microfono.
 
Quello che ha letto, era il pensiero di questo teatro, uno dei templi della cultura di Catania. Il pensiero non soltanto di questa città, ma degli appassionati di lirica e musica classica dell’intera Sicilia orientale.
 
"Fedora è morta, anche questa sera, come si conviene a tutte le eroine del melodramma. Morta perché non muoiano la bellezza, la poesia, la musica, la voce umana".
 
"Arriva un momento in cui bisogna essere tutti uniti. Tutti insieme. Questo teatro, fatto di persone, fatto di braccia, di cervelli, di cuori, di mani, che suonano, costruiscono, cuciono, martellano, scrivono, di voci che cantano, discutono e a volte sono ridotte al silenzio, ma non smettono di immaginare il futuro. Tutti uniti, tutti insieme".
 
"Sappiamo di non essere soli e fidiamo nelle istituzioni. Vogliamo continuare a regalare le emozioni, i valori, i sogni. Questo teatro vuole continuare a vivere".
 
Un colpo, dal teatro, è stato battuto. Tocca ora alle Istituzioni, battere un colpo, per non disperdere questo immenso patrimonio di cultura che il mondo ci invidia.
 
 
La foto è di Giacomo Orlando