PALERMO – “È finito il tempo della Regione imprenditrice che si occupa di tutto e male. Occorre privatizzare laddove possibile, stare sul mercato, perché ciascuno possa svolgere al meglio quello che sa fare, senza improvvisare”. Lo ha detto, il 19 febbraio scorso, l’assessore regionale alle Attività produttive, Marco Venturi, intervenendo a Bari al convegno “Il Sud aiuta il Sud” organizzato da Confindustria nel centenario della sua fondazione. Giuste parole.
Soltanto che, a guardare le ultime vicende Fiat e Tirrenia, sta avvenendo l’esatto contrario. La Regione siciliana non sbaracca, ma rilancia le sue mire imprenditoriali. Attraverso il Fondo Cape, di cui detiene il 49%, l’amministrazione regionale vuole entrare nei destini dello stabilimento di Termini Imerese e nelle rotte dei trasporti marittimi (Tirrenia) che dall’Isola in su fanno gola a molti. In entrambi i casi, Cape ha presentato manifestazioni d’interesse nelle gare per la privatizzazione di SicilFiat e Tirrenia.
Il problema è: può continuare a farlo? Dopo i trascorsi negativi, con le partecipate cresciute nel solco dei carrozzoni di Stato? Anziché farsi promotrice di un’azione per convincere gli imprenditori seri, italiani e stranieri, “che fare impresa nell’Isola non solo è possibile ma è conveniente”, per usare parole pronunciate dallo stesso Venturi?
Sul futuro della Fiat in Sicilia è già stata scritta la parola “fine”: a dicembre 2011, la casa automobilistic chiude dopo 41 anni di presenza incentivata da una pioggia di centinaia di milioni di euro, tra aiuti diretti e indiretti concessi dai governi di tutti i colori.
L’iter di riconversione o subentro appare lungo. Il tavolo tecnico convocato oggi non sarà ultimativo, sottolinea il ministro dell’Innovazione e Sviluppo economico Claudio Scajola. “È un percorso – ha spiegato Scajola – che stiamo portando avanti nel tempo necessario per esaminare le offerte che sono pervenute e su altre, che ci auguriamo pervengano. Abbiamo tempo – ha rilevato Scajola – perché la produzione a Termini Imerese proseguirà fino al 2011”. Il ministro si è augurato, tra l’altro, che “i prodotti che sono oggi fabbricati a Termini Imerese, avendo successo, possano far crescere la produttività. Ma – ha proseguito – nel frattempo stiamo cogliendo le opportunità possibili, compresa la disponibilità della Fiat di accedere allo stabilimento e anche di poter intervenire su qualche progetto”.
Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil, a proposito dell’apertura del presidente della Fiat Luca di Montezemolo, che non ha escluso, nei giorni scorsi, la possibilità di un piccolo investimento sullo stabilimento di Termini Imerese, dice: “Ho sempre detto che la Fiat non può considerarsi fuori. Ora si tratta di capire cosa vuol dire. Ma capisco che è il segno dell’imbarazzo. Fiat si rende conto – ha detto ancora Epifani – che lasciare Termini Imerese per un’azienda che ha una sede italiana é un passo troppo forte. Però – ha concluso – bisogna fare di più”. Il termine “piccolo investimento” non convince proprio, anzi preoccupa.
“Stamattina – spiega il responsabile Fiom per il settore auto, Enzo Masini – si riuniranno le segreterie unitarie di Fiom, Fim e Uilm prima dell’incontro su Termini Imerese fissato per il pomeriggio al ministero dello Sviluppo economico e decideranno come proseguire la mobilitazione a sostegno degli stabilimenti del Gruppo. Lo sciopero comunque sarà fissato prima del 21 aprile, data nella quale sarà presentato il piano industriale dell’azienda.
“Un ministro che vuole fare una gara internazionale per Termini – dice Masini – vuol dire che non ha in mano niente di concreto.
“Mi aspetto la presentazione delle proposte più credibili – afferma il segretario nazionale della Fim Bruno Vitali – ma mi pare di capire che non ci sia il cavaliere bianco. Se oggi non viene fuori nulla tutto si complica. Se su 19 proposte presentate ce ne fossero otto serie sarebbe già un passo avanti ma temo che non sarà così”.
La Fiom Cgil è interessata solo “a una operazione industriale sull’auto nello stabilimento di Termini Imerese”, fa eco il segretario generale della Fiom Cgil, Gianni Rinaldini. “Non ci interessano i supermercati – ha proseguito – o Fiat rimane lì, oppure ci deve essere un altro progetto industriale sull’auto”. Quanto all’ipotesi di una gara internazionale tra i soggetti interessati, Rinaldini pone la condizione che “non sia un modo per concedere tempo a Fiat e arrivare così a fine 2011”.
Al contrario, secondo il sindacalista, “l’operazione si deve delineare in uno spazio di massimo due o tre mesi”. Quanto ai livelli produttivi del Lingotto in Italia, Rinaldini ricorda poi che “nel nostro Paese non c’é affatto una sovracapacità produttiva, perché importiamo il 70% delle auto vendute”. Dunque quando si ragiona di cifre "650 mila vetture – spiega – sono il dato riferito alla crisi, ma la capacità produttiva di Fiat nelle fabbriche italiane deve superare almeno il milione di auto prodotte”.