Primi per frodi Ue, ultimi per spesa

La Sicilia, con il 2,26 per cento di spesa sui 2,2 miliardi di euro, che ha ottenuto dall’Unione europea per il settennio 2007/2013, è la regione con la percentuale di spesa più bassa in tutto il bel Paese. Lo ha dichiarato lo stesso presidente  del Senato, il siciliano Renato Schifani la scorsa settimana al convegno dell’Upi. L’indomani il procuratore regionale della Corte dei Conti Sicilia, Guido Carlino, ha osservato che l’Isola ha il primato per frodi comunitarie, pur essendo l’ultima per capacità di spesa. Un paradosso per una regione che in Europa rientra tra le quattro a Obiettivo convergenza.
Lo scorso martedì dall’audizione dell’assessore Cimino e del dg Bonanno in commissione Bilancio Ars è emerso che la Regione paga già lo scotto di un biennio di ritardo sull’attuazione dei finanziamenti 2007-2013.
 
Le attività di indagine compiute dalla Corte dei conti, hanno consentito di accertare, tra le numerose e svariate irregolarità, anche molti casi di illecita attribuzione di contributi erogati dall’Unione Europea. Anche il procuratore regionale Guido Carlino nel corso della cerimonia d’apertura dell’anno giudiziario 2010, ha evidenziato come un ambito di rilevante interesse d’azione dei magistrati contabili sia proprio quello delle frodi comunitarie.
La Sicilia, pur essendo agli ultimi posti per l’utilizzo delle risorse comunitarie, è invece in pole position per quanto concerne le truffe, con un uso spregiudicato degli stanziamenti e con obiettivi diversi rispetto a quelli espressamente indicati nei programmi di spesa.
Per le frodi comunitarie si fa riferimento al trattato istitutivo dell’Unione (articolo 274), che impone agli Stati membri di cooperare per garantire una corretta gestione dei finanziamenti, adottando le medesime misure attuate per contrastare gli imbrogli a livello nazionale, compresa dunque la responsabilità amministrativa. Da notare inoltre che l’impiego delle risorse per scopi non conformi, determina una situazione di allarme per il rischio di infiltrazioni della criminalità organizzata.
Nel corso del 2009 la Procura regionale della Corte dei Conti ha emesso 48 atti di citazione che hanno riguardato soggetti privati che avevano ricevuto contribuzioni pubbliche (sia statali che comunitarie) per un importo complessivo di oltre 10.505.000 euro.
Alcuni provvedimenti sono stati indirizzati a persone sottoposte a misure di prevenzione antimafia, che per effetto della legge 575 del 1965, non possono essere beneficiarie di stanziamenti erogati dallo Stato, dall’Unione Europea o di altri enti pubblici.
Il procuratore Carlino ha pure asserito che parecchie sono state le citazioni per frodi nel settore degli interventi di sostegno alle imprese, oggetto di stanziamenti cofinanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) o finanziati dal Fondo europeo orientamento e garanzia agricola (Feoga).
“Tali illeciti, prevalentemente, hanno avuto luogo -ha proseguito il procuratore Carlino – attraverso la simulazione dell’attività produttiva, mediante l’utilizzo di documentazione falsa relativa all’acquisto di macchinari (fatture fittizie per operazioni inesistenti), apparentemente idonea a giustificare l’inizio, in realtà mai avvenuto, di attività di impresa o l’espletamento di produzioni non realizzate. Si tratta di danni rilevanti, non soltanto sotto il profilo della acquisizione fraudolenta del contributo ma, soprattutto, per la mancata realizzazione degli effetti indotti auspicati dalla politica economica nazionale o comunitaria, quali lo sviluppo economico delle zone depresse ovvero un più ampio impiego di lavoratori”.
Nel comparto degli aiuti comunitari alla pesca, sono state riscontrate violazioni riconducibili alla indebita riscossione di sostegni in denaro da parte di proprietari di motopescherecci che non hanno ottemperato agli impegni specifici, condizione necessaria per avere diritto al versamento. La Corte di Cassazione ha inoltre sancito la perseguibilità anche nei confronti delle persone fisiche che, in veste di amministratori di società, orchestrano l’azione fraudolenta. La sentenza (n. 20434 del 2009), consente di spezzare lo schema societario, consentendo maggiori possibilità di recupero per le casse pubbliche.