Il principio della Corte europea intimorisce tutti i petrolieri

AUGUSTA (SR) – Quella della bonifica della rada di Augusta è considerato dalle associazioni ambientaliste la madre di tutte le battaglie per il risanamento della zona industriale siracusana. Sui fondali di quel tratto di mare si sono accumulati diversi milioni di tonnellate di rifiuti inquinanti in oltre cinquant’anni di attività delle aziende che hanno fatto del polo petrolchimico a partire dalla fine degli anni ‘50 del secolo scorso una delle aree a maggiore densità di impianti di industria ‘pesante’.
La decisione presa martedì dalla Corte Ue – che ha riaffermato il principio “chi inquina paga” – si inserisce in una vicenda giudiziaria complessa che vede intrecciarsi procedimenti davanti alla magistratura amministrativa e a quella ordinaria penale. Il primo atto cinque anni fa quando alcune delle aziende che, secondo l’indirizzo emerso a suo tempo dalla conferenza nazionale dei servizi, avrebbero dovuto farsi carico dei costi della bonifica decisero di ricorrere al Tar di Catania mentre altre società scelsero la via del ricorso amministrativo davanti ai giudici del Lazio.
Il Tar etneo sospese l’efficacia del provvedimento della conferenza dei servizi accogliendo le ragioni alle aziende ricorrenti. Successivamente, però, il Consiglio di giustizia amministrativa di Palermo ripristinò l’efficacia dell’obbligo della bonifica a cura delle aziende dell’area industriale siracusana.
La vicenda intanto era finita anche all’esame della Corte Ue alla quale la magistratura amministrativa siciliana si era rivolta perché fissasse una sorta di ‘indirizzo’ che oggi si é concretizzato nella riaffermazione del principio ‘chi inquina paga’. Un principio che adesso potrà essere applicato nelle decisioni future dei giudici amministrativi siciliani sulla specifica questione.