ROMA – Il punto della situazione stavolta lo traccia l’Eni (Ente Nazionale Idrocarburi), che lo scorso 4 marzo, nella veste autorevole dell’amministratore delegato Paolo Scaroni, ha parlato alla Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. Presente all’incontro anche un’altra figura dell’industria isolana come Giuseppe Ricci, presidente delle raffinerie di Gela. Una difesa d’ufficio quella di Scaroni che ha più volte ribadito come la sua azienda sia stata costretta “forzatamente” a sobbarcarsi delle industrie che avevano già inquinato per anni il territorio.
“Molte delle attività di Eni – ha spiegato Scaroni – sono frutto di una serie di acquisizioni, cioè realtà in crisi e siti dismessi”. Tuttavia non si può certo dire che l’Eni abbia soltanto ereditato, ma ha anche prodotto situazioni altamente preoccupanti in termini di sostenibilità ambientale, si vedano su tutti i casi di Priolo e Gela, che non a caso sono appunto Sin (Siti di importanza nazionale).
Due le questioni essenziali su cui lavorare: rifiuti e bonifiche. “Eni è impegnata da anni in attività di bonifiche a Gela e Priolo – ha proseguito Scaroni – infatti abbiamo sostenuto sinora costi per un totale di 615 milioni di euro, mentre 545 milioni è la cifra che dovremo ancora spendere per i restanti interventi programmati”. Per il resto resta maggiormente problematica l’area di Priolo, soprattutto in termini di sviluppo, visto che a Gela il 90% delle aree rientra nel sito produttivo, mentre nel centro siracusano prevalgono le aree dismesse o da dismettere, situazione preoccupante anche in virtù della fine del patto per la chimica. Sulle bonifiche Scaroni avverte uno stato complessivamente soddisfacente precisando come sul 45% dei Sin siano state completate.
In realtà quanto riportato dall’ad di Eni non sembra attinente con quanto dichiarato qualche mese fa da Aldo Fumagalli Romario, presidente commissione sviluppo Confindustria, che aveva ribadito come “a proposito dei Siti di Interesse Nazionale non siamo riusciti a bonificare quasi nulla”, dato confermato anche in un recente rapporto di Arpa Sicilia.
La situazione dei rifiuti merita particolare attenzione sia perché le bonifiche producono le acque di falda che poi costituiscono buona parte dei 3 milioni tonnellate di rifiuti pericolosi sui 10 milioni che ogni anno Eni smaltisce, pagando 113 milioni di euro all’anno pari al 15% dei costi ambientali, sia per le eventuali infiltrazioni mafiose.
Temi come bonifiche e smaltimento dei rifiuti sono particolarmente appetibili per le maglie della criminalità organizzata, tesi ulteriormente rafforzata anche dalle dichiarazioni del presidente Raffaele Lombardo.
“A Gela tra il 2004 e il 2008 si è vissuto con una grande pressione – ha spiegato Giuseppe Ricci – ma poi abbiamo affrontato un percorso di normalizzazione di questa gestione e abbiamo fatto un accordo con prefettura e forze dell’ordine per poter ottenere maggiori informazioni ed operare una selezione dei fornitori più puntuali”.