PALERMO – “L’ Università i soldi da dove li prende?” o più tecnicamente “Come vengono finanziate le università italiane? E quelle siciliane? è una lunga storia, che nel 2010 sta per cambiare, ma che comincia da lontano. È la storia dei criteri di riparto del fondo di finanziamento ordinario (Ffo) destinato alle università.
La storia dei finanziamenti pubblici cumulati dal 1996 al 2007 mostra le differenze tra regioni con atenei sovra finanziati (la Sicilia è tra queste, con oltre 974 milioni di euro rispetto alla media di “equilibrio) e quelle sotto finanziate ( tra cui la Lombardia sotto di ben 954 milioni; il Piemonte a quota meno 549, l’ Emilia Romagna a quota meno 448).
Stranamente, ricevono meno fondi le regioni in cui c’è meno disoccupazione ed in cui il mondo universitario è meglio collegato a quello del lavoro.
Nel 1995 l’assegnazione ai singoli Atenei viene determinata in proporzione ai costi del personale, premiando gli Atenei con tanto personale e penalizzando quelli con poco personale giovane.
Dal 1995 al 2003, per ridurre la forbice, viene introdotto il concetto di “riequilibrio”: ciascun Ateneo doveva versare una percentuale fissa della propria assegnazione in un fondo comune da re-distribuire secondo un modello teorico di fabbisogno.
Gli atenei sovra-finanziati avrebbero dovuto quindi ricevere meno di quanto avevano versato e quelli sotto- finanziati più di quanto avevano versato al fondo.
Una logica perequativa revisionata negli anni, con la conseguente redistribuzione di una quota di risorse crescente (dal 1,5% del 1995 al 9,5% del 2003).
Nel 2003 però si pone un problema: la riduzione del finanziamento per alcuni Atenei aveva determinato l’impossibilità di fronteggiare gli incrementi stipendiali.
Interviene la proposta della Crui, volta a ripartire le risorse disponibili in proporzione all’Ffo ricevuto l’anno precedente e a destinare una quota incrementale di risorse alle sole università sotto-finanziate.
Ma neanche il secondo modello ha successo: già nel 2006 le risorse destinate al riequilibrio vengono sottratte al finanziamento storico e nel 2007 l’ammontare totale dello squilibrio del sistema universitario (la somma delle differenze di ciascun ateneo dal punto di equilibrio) ha raggiunto i 400 milioni di euro.
Dal 2000 viene inoltre introdotta un’ulteriore quota, legata ad obiettivi predeterminati, per attribuzione di appositi incentivi. Fino al 2008 il riparto è stato fortemente basato su criteri storici, in minima parte su sulla base di incentivi specifici.
Alla fine del 2009 i criteri di riparto del Ffo vedono l’introduzione, di un cambiamento dal punto di vista di metodo, attraverso la redistribuzione (7% della quota complessiva del Ffo e del fondo interministeriale di 550 milioni previsto per il triennio 2008-2010, per un totale di 523 milioni di euro) in base ad indicatori di risultato, che dovrebbe tradursi in un’operazione di trasparenza a favore degli studenti e delle famiglie, le quali si rivolgono al sistema universitario sperando che non sia poi troppo lontano dal mondo del lavoro.
L’approfondimento. Gli indicatori selezionati per ripartire i fondi
Tra gli indicatori selezionati dal Miur per la distribuzione dei fondi troviamo la valutazione della qualità della didattica e della ricerca (crediti acquisiti dagli studenti, numero degli studenti che concludono gli studi nei tempi previsti, occupabilità, valutazioni sulla produzione scientifica, capacità di attrarre finanziamenti esterni) e la presenza di docenza strutturata adeguata rispetto all’offerta formativa (numero di docenti di ruolo assegnati a coprire insegnamenti in settori scientifico-disciplinari di base e caratterizzanti). I dati tuttavia vanno valutati rigorosamente, anche per la difficoltà di cogliere le differenze territoriali degli atenei e la mancanza di dati aggiornati sulla produttività scientifica e sulla attività di ricerca in generale. L’Università deve rendere conto di come utilizza le risorse destinate, per quanto poche siano.
D’altronde ,sono notori casi tristemente frequenti di “dinastie” familiari nelle università: spesso padri, figli e nipoti sono docenti universitari. Senza nulla togliere ai meritevoli, è chiaro che non sempre i figli dei professori sono i migliori allievi che quelle università hanno. Magari troviamo figli di operai più bravi di loro, per i quali stranamente non c’è posto in nessun concorso di dottorato.
Altrimenti non si spiegherebbe la fuga dei cervelli di ragazzi con diverso albero genealogico, eppure laureati a 22 anni e con una sfilza di trenta e lode sul libretto, scoraggiati da un ambiente universitario ostile.
Recca: “Da perfezionare i criteri di ripartizione”
Anche il rettore dell’Università di Catania, Antonino Recca, ci ha rilasciato una dichiarazione sul nuovo sistema di ripartizione. “Quest’anno, per la prima volta, una parte dell’FFO (7%) è stato ripartito in base al merito e questo è senz’altro positivo. I criteri di ripartizione devono però essere perfezionati ad esempio :
a) va data meno importanza all’inserimento nel mondo del lavoro perchè le condizioni economiche sono diverse fra Nord e Sud e, talvolta, tra diverse zone della stessa regione;
b) nel caso della valutazione della didattica si deve tenere conto della preparazione in ingresso degli studenti provenienti dalle scuole secondarie. Tale preparazione è diversa tra Nord e Sud;
c) è arrivato il momento di premiare le università che hanno rispettato i limiti di bilancio rispetto alle altre che, invece, si sono date ad una gestione a dir poco “allegra” delle risorse pubbliche”;
d) Considerare i maggiori costi che affrontano gli atenei sedi di facoltà di medicina e, in particolare, sedi di policlinico come nel caso di Catania, Messina e Palermo rispetto agli altri.